More uxorio: secondo costume matrimoniale, vivere more uxorio, condurre la vita come sposi. Il breve volumetto che porta questo titolo, scritto dalla giovane Francesca Fiorletta ed edito da Zona editrice, ci conduce tra le maglie di un’amicizia femminile attraverso un dialogo che a volte è realistico, altre proiettivo, altre ancora totalmente surreale, allitterato, provocatorio, incredibile. Siamo – forse – in una cucina, testimoni di un incontro consueto tra due amiche di lunga data, una delle quali deve fare una rivelazione all’altra.

 

 

Siamo confusi da un labirinto di impressioni, ripetizioni, incomprensioni, locuzioni, ci perdiamo con le due amiche in una dimensione onirica senza più pareti (ma angeli), senza confini tra i due corpi, dove l’una diventa l’altra senza scambiarsi le vesti in uno specchio a doppia faccia, luogo ipotetico tinto di ombre, lampi, bicchieri blu, baci, sofferenze, lacrime e ipotesi.
«Mi sposo» quasi non viene pronunciato o forse sì ma non si sa se dalla donna giusta o da quella sbagliata perché non esiste più separazione ma solo sangue misto pensiero favole. Non per niente la futura sposa si chiama Nadja, come la protagonista-personaggio tentazione del romanzo del surrealista André Breton (1928).

 
Come Nadja di More uxorio, nel lontano novembre 2004, in un banale pomeriggio autunnale, camminando per la città ho telefonato alla mia migliore amica dicendole che il ragazzo che frequentavo da quattro cinque mesi mi aveva chiesto di sposarlo e io avevo detto di sì: «Isa, ho fatto bene?». «Certo!». E giù gocce di acqua salata dagli occhi e parole e incertezze e massime sull’amore e sulle bruciature già prese e sul tempo e gli anni e i bambini e la vita… Erano ancora i tempi in cui non si sapeva che il cellulare bruciava il cervello e anche le conversazioni lunghe si facevano come se niente fosse traccheggiando tra le fila di una libreria (in questo caso l’orrendo cubo di plastica al piano terra della stazione Termini).

 

 

Avevo bisogno del parere di lei, compagna fidata, leale e onnipresente dal banco delle elementari. Solo lei sapeva dirmi se Lui era quello giusto, se aveva senso buttarsi in quest’avventura senza rete dopo così poco tempo. Ci amavamo, questo lo sapevo da sola, ma lui era appena quel po’ più giovane di me da non farmi sperare più che in una relazione passeggera, invece mi prendeva in contropiede addirittura con una proposta di matrimonio… Prima del matrimonio c’è Ikea, il servizio di piatti e bicchieri, la lista di nozze, i preparativi, le decisioni prese velocemente, la normalità. Ma è un rito di passaggio, che nessuno, forse mai, pensa di avere il coraggio di affrontare. «Isa, mi fai da testimone?». Un altro «certo» e le mie lacrime non terminano più.

 

 

L’amicizia, prima dell’amore, prima della famiglia, è la cosa più importante. Fanculo la maturità, il lancio del bouquet, lo champagne a fiumi, i parenti serpenti. Fiorletta e il suo doppio, io e Isa, Jo e Amy March in Piccole donne (libro preferito alle medie), questo conta, la condivisione, il supporto, l’arroganza ingenua di sapere tutto prima degli altri solo perché hai trent’anni: questo si, mi piacerebbe riaverlo indietro. Grazie.

 

fabianasargentini@alice.​it