Il suo nome è tra quelli di spicco di «Kalimat», il Festival della letteratura palestinese che si apre oggi a Gerusalemme Est, Haifa e in tre città della Cisgiordania. Ma a quest’appuntamento importante per la cultura palestinese Susan Abulhawa non ci sarà.

La scrittrice palestinese-americana, nota per il best seller Mornings in Jenin, pubblicato in italiano da Feltrinelli con il titolo di Ogni mattina a Jenin, ieri era in attesa di essere espulsa dopo essere stata fermata giovedì al suo arrivo all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. «I ricorsi presentati dall’avvocato sono stati respinti dai giudici. È un fatto gravissimo. Susan è un’esponente della cultura internazionale e stava rientrando nella sua terra d’origine», ci diceva ieri Mahmoud Muna, il coordinatore di «Kalimat».

Figlia di genitori palestinesi di Gerusalemme, profughi della guerra arabo-israeliana del ’67, Abulhawa, 48 anni, ha pubblicato in italiano un altro romanzo di successo Nel blu tra il cielo e il mare. Da molti anni vive negli Stati uniti, in Pennsylvania. È la fondatrice dell’Ong «Playground for Palestine», che costruisce parchi gioco nei campi profughi palestinesi.

Per la scrittrice, il motivo del suo fermo è politico, legato alla sua attività a favore della causa palestinese. Essendo cittadina americana, aggiunge, non aveva bisogno di ottenere in anticipo il visto d’ingresso in Israele così come le hanno detto gli agenti della sicurezza del Ben Gurion. L’Autorità israeliana per l’immigrazione e le frontiere afferma invece che Abulhawa, alla quale era già stato negato l’ingresso nel 2015 mentre dalla Giordania si accingeva ad entrare in Cisgiordania, era stata informata che avrebbe dovuto richiedere il visto in anticipo prima di recarsi in Israele e nei Territori palestinesi occupati.