Regnava l’incertezza ieri sera intorno alle cause dell’esplosione che nel pomeriggio ha coinvolto due autobus a Gerusalemme facendo 21 feriti, due dei quali gravi. La polizia privilegiava la tesi della bomba. L’ordigno sarebbe stato collocato nella parte posteriore di un autobus vuoto che percorreva la Hebron Road, nella zona sud della città. Le fiamme hanno colpito anche un altro autobus, a pochi metri di distanza, che invece era carico di passeggeri. Per diversi minuti le sirene delle ambulanze e delle auto della polizia hanno riecheggiato in quella zona di Gerusalemme mentre il fuoco del bus colpito dall’esplosione alzava una colonna di fumo nero.

Gli attentati agli autobus, a Gerusalemme e in altre città, sono stati frequenti durante l’Intifada di al Aqsa, cominciata nel 2000.

Da diversi anni però non si registravano attacchi agli automezzi pubblici israeliani e la stessa polizia non sembrava avere ieri sera un’idea precisa dei responsabili dell’esplosione. Non è detto che l’accaduto rappresenti la ripresa e lo sviluppo della terza Intifada palestinese, in corso dallo scorso ottobre e in cui sono rimasti uccisi circa 200 palestinesi, una trentina di israeliani e due cittadini stranieri. Non è arrivata alcuna rivendicazione e il movimento islamico Hamas da Gaza ha solo espresso soddisfazione per l’accaduto che ha descritto come una risposta alle politiche di oppressione e occupazione di Israele. Da parte sua il premier Netanyahu ha avvertito che Israele prenderà «i colpevoli e chi li sostiene».

L’esplosione è avvenuta qualche ora dopo l’annuncio che l’Esercito ha scoperto, nei giorni scorsi, un tunnel sotterraneo di Hamas che da Gaza entra in profondità in territorio israeliano, il primo individuato dalla fine dell’offensiva “Margine Protettivo”. La notizia ha fatto scalpore in Israele, dove da giorni si parla con insistenza di un riarmo di Hamas, ma il movimento islamico ha negato che si tratti di una galleria nuova.

Intanto ieri il Tribunale militare di Giaffa ha incriminato, ma soltanto con l’accusa di omicidio colposo, il soldato israeliano della Brigata Kfir, Elor Azaria, che il mese scorso ad Hebron, in Cisgiordania, ha ucciso a sangue freddo un palestinese che si trovava già ferito a terra e in condizioni di non poter più nuocere. Il soldato sostiene di aver sparato per timore che il palestinese, Abdel Fatah a-Sharif, potesse nascondere sotto gli abiti un ordigno esplosivo. Una tesi contraddetta da altri testimoni. Stasera a sostegno del soldato-killer si terrà un concerto a Tel Aviv al quale dovrebbero prendere parte artisti noti e migliaia di persone.