Un kamikaze si è fatto esplodere ieri nella piccola moschea di Kouyape, un villaggio del distretto di Kolofata nel nord del Camerun al confine con la Nigeria. Mentre scriviamo, secondo quanto riferito dalle autorità locali sarebbero almeno 13 i morti tra i fedeli riuniti in preghiera, tra cui probabilmente anche l’imam.

L’attacco è avvenuto in un’area afflitta da continui attentati del gruppo Boko Haram. Ed è su Boko Haram che le forze di sicurezza regionali fanno ricadere ogni responsabilità nonostante non ci sia stata ancora alcuna rivendicazione. Nei giorni scorsi infatti miliziani provenienti dalla Nigeria avrebbero attraversato il confine con il Paese. Il Camerun dal 2015 è impegnato insieme a Ciad, Niger, Nigeria e Benin nella Multi-National Joint Task Force (Mnjtf) regionale formata da 8700 soldati e istituita sotto l’egida dell’Unione Africana per far fronte alle offensive e alle azioni di sconfinamento dell’Islamic State’s West Africa Province (Iswap), altro alias adottato da Boko Haram da quando a marzo 2015 ha lasciato la galassia di Al-Qaeda per giurare fedeltà a Daesh.

La task force, che ha il suo quartier generale a N’Djamena – la capitale del Ciad – e che doveva essere pienamente funzionale nel mese di luglio ha completato i piani organizzativi lo scorso agosto per diventare operativa ad ottobre. Quando l’Unione africana e la Lake Chad Basin Commission hanno firmato un memorandum d’intesa con le linee guida finali di attuazione. Come ha spiegato in quell’occasione Mohamed Ibn Chambas, rappresentante speciale dell’Onu per l’Africa occidentale, i raid congiunti hanno l’obiettivo di adattarsi alle nuove tattiche offensive dei miliziani di Boko Haram, una volta soliti ad attaccare in centinaia a bordo di decine di veicoli e ora anche in bande isolate. A sostegno della Mnjtf a ottobre scorso il presidente Obama ha inviato 300 soldati oltre a droni di sorveglianza atti a fornire supporto nelle operazioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione.

Gli attacchi nella regione di Kolofata si sono regolarmente intensificati nei mesi recenti. A dimostrazione del fatto che se prima Boko Haram attaccava i villaggi nel raggio di pochi chilometri dal confine con la Nigeria, ora non esita più ad andare in profondità in Camerun. A dicembre scorso sono state sette le vittime e 30 i feriti mentre in precedenza – a settembre – il bilancio di un attentato kamikaze è stato di 9 morti e 18 feriti.

Senza dimenticare gli attentati di luglio scorso a Maroua e Fotokol, a seguito dei quali le autorità camerunensi hanno adottato nuove misure di sicurezza nel nord del Paese tra cui il divieto di raggruppamento nei luoghi pubblici e nelle moschee e la chiusura dei locali dopo le 18; l’intensificazione dei controlli e delle perquisizioni alla frontiera e per strada, l’invio di ulteriori 2000 soldati nelle regioni dell’estremo nord (che ha portato a 8.500 il numero di quelli già di stanza in quelle aree); controlli sui bambini e sorveglianza delle moschee.