Nelle città di mare si finisce quasi sempre per rotolare verso il porto. E a Marsiglia c’è un porto importante, speciale. Il secondo in Europa, dopo Rotterdam, quanto a traffico commerciale. Il primo, a pari merito con Napoli, per capacità di suggestione, per concentrazione di contraddizioni (porto del sud di un paese del nord), per la sua secolare storia di arrivi (è stato anche il porto della Francia coloniale), partenze, traffici. Puliti e non. Basti pensare che fino all’inizio degli anni 70, sotto la supervisione della French Connection (corsi, catalani e calabresi), qui si raffinava l’80 per cento della droga consumata negli Usa…
Dal Vieux Port guardando il mare e poi scorrendolo verso destra per poco più di un chilometro, si arriva alla zona dei Docks. Con un progetto varato nel 1995 i capannoni di stoccaggio delle merci del porto sono stati reinventati come contenitori di atelier d’alta moda, palestre concertistiche e habitat della cultura. Ci ha messo le mani l’architetto Eric Castaldi, è stato denominato progetto Euro-Mediterranée. Il restyling doveva servire anche a rendere più autorevole la candidatura della città, che voleva diventare la sede della Coppa America 2007 di vela. La coppa, come noto, se l’è aggiudicata Valencia. Ma i Docks sono tornati utili in questo 2013 in cui Marsiglia sta celebrando il suo mandato annuale di Capitale Europea della Cultura («Marsiglia capitale» è lo slogan che campeggia ovunque, in una sorta di révanche ironica nei confronti degli spocchiosi parigini).
È in questi stessi Docks (al numero 12 di Rue Urbain V) che a settembre, da ventun’anni, si accende la Fiesta du suds, e che a fine marzo, da nove, si apre il Babel Med, due manifestazioni che rappresentano altrettanti fiori all’occhiello degli eventi di quest’anno così speciale. Babel Med Music, il 9° Forum delle Musiche del Mondon (21-23 marzo), non poteva trovare dunque una vetrina migliore per esporre la propria pregiata mercanzia sonora. Tutto contribuisce in un posto del genere, a sottolineare l’attitudine del forum. Babel Med vuole infatti consegnare ai suoi partecipanti l’idea di un Mediterraneo solidale, ricettivo, aperto allo scambio e alle sorprese.

I numeri dell’evento sia pur ragguardevoli (più di 2000 addetti ai lavori, una quarantina di concerti, tavole rotonde e uno spazio fieristico), non restituiscono comunque tutta la ricchezza propositiva di questo crocevia delle musiche e delle culture. Molti operatori lamentano, anche in un mercato anomalo e particolare come quello delle musiche etniche (contaminate e non), le conseguenze di una crisi che taglieggia investimenti e progettualità e di turbolenze politico militari che impediscono la libera circolazione degli artisti (era questo appunto il tema di un incontro fissato in una delle due sale-conferenze del Babel Med).
Eppure le fila degli addetti ai lavori che partecipano a questo appuntamento aumentano di anno in anno, quasi a certificare la bontà di un meeting in cui le progettualità non mancano. Una delle novità targate 2013 era il progetto WATT! (What About Today and Tomorrow), a metà tra il workshop, il laboratorio e il meticciato artistico. L’idea è stata quella di unire le due sponde del mediterraneo attraverso la calligrafia musicale che sta «colonizzando» il mondo: quella dell’Hip Hop. Dopo una settimana di jam sessions che hanno preceduto l’apertura del Babel Med in vari club marsigliesi, i rapper delle due sponde si sono incontrati sul palco del Chapiteau Ouest (uno dei quattro stage approntati per i concerti serali): i francesi DJ Djel, Imhotep, Watcha Clan, Dj Rebel, Dj Ralph, Klash l’Afro hanno intrecciato voci, strumenti e mixer con alcune delle più interessanti personalità dell’hip hop arabo.

Partendo dai tunisini Ahmed Galai Ezzar e Malex, l’algerina Meryem Saci, l’iracheno Yassin Alsalman aka The Narcycyst, fino ad arrivare alla palestinese Shadia Mansour, The Alaev Family dal Tadjikistan, il siriano-statunitense Omar Offendum….un florilegio di voci che via via si declinavano in francese, occitano, inglese, arabo e che al supporto della tecnologia e degli strumenti mainstream univano anche il suono di strumenti tradizionali arabi come il guimbri, le raqs, il nay…Alcuni degli incontri e dei meticciati del Babel Med sono pensati a tavolino e poi messi in moto dalla creatività degli artisti, altri sono semplicemente certificati dal passaporto e dalla biografia. La garanzia della riuscita del progetto non è mai assicurata, neppure quando i pigmenti, le storie personali, le vicissitudini familiari e le scelte stilistiche hanno origini antiche. Se ad esempio nel caso di Baloji, performer di origine congolese ma residente in Belgio e che mette insieme un caravanserraglio di stili che si rifanno alla Kinshasa ribollente di ritmi e di culture, l’esperimento funziona, in quello di Wanlov e della sua The

Afro-Gypsy Band il connubio sonoro appare davvero improbabile, traballante e raffazzonato.
A metà strada, dal punto di vista della messa a punto del progetto, i Chicha Libre del francese Olivier Conan, naturalizzato newyorkese e invaghitosi di un genere ibrido come la chicha, sorta di cumbia andina influenzata dal pop psichedelico e dalla surf music. Eppure i viaggi non sono sempre esplorazioni, pellegrinaggi, spedizioni, sono anche diaspore ed esilii. Questo certifica la storia di Mariem Hassan, simbolo della lotta nel Sahara Occidentale, capofila della cultura beduina e paladina delle rivendicazioni delle donne nel Maghreb. Il suo set, sul Chapiteau Est, è stato un vero colpo al cuore per intensità e modernità di approccio. Declinazione magistrale di un retaggio tradizionale cantato in Hassanya e declinato con percussioni sahrawi e chitarre elettriche. Molto più intimo e incantato il set messo in scena alla Salle des Sucres dal suonatore di kora senegalese Ablaye Cissoko e il trombettista tedesco Volker Goetze, partnership giocata sul filo della poesia, dell’intesa e dell’ascolto reciproco. È l’attitudine evocata da un altro musicista, maliano, decano dei musicisti dell’area di Segou, Cheick Tidiane Seck. Il suo appello ad un Mali pacificato e multietnico ha monopolizzato la tavola rotonda dedicata agli sviluppi della crisi nel paese west-africano. Un piccolo tassello di mobilitazione non violenta, consapevole e necessaria per uno stato chiave non solo della geo-politica africana, ma anche della ricchissima e diversificata tradizione delle musiche di quell’area.