L’esplosione è stata fortissima, avvertita in buona parte della città. Talmente potente che il solo spostamento d’aria ha provocato contusioni e lievi ferite agli operai che stavano lavorando all’interno del deposito costiero Neri, all’accosto 28 del porto industriale labronico. Un’area disseminata di grandi silos di oli combustibili e di solventi. Il serbatoio numero 62 era appunto adibito allo stoccaggio dell’acetato di etile, meglio conosciuto come etilene, un composto molto infiammabile usato come solvente per vernici, resine e colle. Per la periodica manutenzione e bonifica, il silos era stato svuotato. Ma, secondo le prime ricostruzioni della tragedia fatte dai Vigili del fuoco, all’interno era probabilmente rimasta una sacca di gas. Per certo la deflagrazione, avvenuta circa alle due pomeridiane, ha investito in pieno due operai dell’azienda Labromare, che stavano lavorando all’esterno della struttura. Per Nunzio Viola, 52 anni, e Lorenzo Mazzoni, 25 anni appena, i pur immediati soccorsi sono stati vani.

LA FORZA DELL’ESPLOSIONE ha fatto piegare su se stessa la grande cisterna grigia, che si è come adagiata su un altro silos e sui muretti che delimitano i vari serbatoi. Per fortuna non si è innescato un incendio, altrimenti i rischi per tutta l’area portuale sarebbero stati incalcolabili. Due unità dei Vigili del fuoco, arrivati in contemporanea con le ambulanze del 118, hanno lavorato per ore per mettere in sicurezza la zona, dopo aver dato l’ordine di evacuare completamente il deposito costiero.

SUL POSTO, OLTRE AI MEZZI di soccorso e al personale della Neri e della Labromare, sono arrivati anche anche i dirigenti dell’Autorità portuale. Con loro il sindaco Filippo Nogarin e il presidente regionale Enrico Rossi, entrambi avvertiti della tragedia mentre erano a Firenze. La Labromare, per la quale lavoravano i due operai impegnati nella bonifica, è un’azienda livornese attiva da 40 anni nella raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti portuali, ed è fra i leader del settore in Italia.

LA PROCURA DI LIVORNO ha subito avviato un’inchiesta. L’indagine aperta dal sostituto procuratore Sabrina Carmazzi, pm di turno, è per disastro colposo, al momento a carico di ignoti. Di fronte alla tragedia, insieme al cordoglio il segretario confederale Franco Martini è stato chiaro: «Rilanciamo l’allarme e la denuncia per la preoccupante inversione di tendenza sul versante della sicurezza nei luoghi di lavoro, che si registra ormai da alcuni mesi. È tempo che tutti, a partire dalle istituzioni, facciano la loro parte. Anche perché l’Italia è uno degli ultimi paesi europei a non aver messo ancora a punto la propria strategia nazionale per la sicurezza sul lavoro». Oggi a Livorno ci saranno otto ore di sciopero e una manifestazione.

PER IL PORTO LABRONICO è il quinto incidente mortale negli ultimi dieci anni. Solo in questo caso è avvenuto durante le pulizie e le manutenzioni dei silos, dove invece gli omicidi bianchi sono diventati una terribile costante, siano essi adibiti allo stoccaggio di sostanze chimiche o agroalimentari. A partire dalla strage del 25 novembre 2006 alla Umbria Olii, in cui persero la vita quattro operai.

PROVOCATI IN GENERE DAL mancato rispetto dei tempi tecnici necessari all’operazione, e dal mancato rilevamento della presenza di gas nocivi, incidenti simili hanno provocato decine di vittime. A Molfetta nel 2008 morirono in cinque per le esalazioni liberate durante la pulitura della cisterna di Tir. A Capua nel settembre 2010 tre operai, che stavano smontando un ponteggio in un silos dell’azienda Dsm, morirono per le esalazioni. A Lamezia nel 2013 l’esplosione di un silos di oli combustibili della Ilsap Biopro causò la morte di tre operai. Mentre le esalazioni furono la causa della morte di tre operai nel 2009 in una cisterna petrolifera della Saras di Sarroch, in Sardegna.

NEL 2014 MORIRONO IN quattro in un’azienda di trattamento rifiuti in Polesine. Nel 2008 furono ben sei i morti a Mineo, nel catanese, mentre pulivano una vasca del depuratore. Infine, appena due mesi fa, tre operai sono morti durante la pulizia di un forno di una ditta di materiali ferrosi a Milano.