La Commissione Bilancio della Camera dovrebbe fornire oggi il proprio parere (si augura favorevole) sulle coperture finanziarie della proposta di legge che permette di sanare una tra le tante ingiustizie – quella del settore scolastico – della cosiddetta riforma Fornero delle pensioni, che è stata una vera manovra a danno del sistema pensionistico, piuttosto che una riforma seria. Basti ricordare che a oggi non è stato risolto il problema di oltre 150 mila lavoratori e lavoratrici esodati (circa la metà del totale), mentre la maggior parte di quelli salvaguardati non percepiscono ancora la pensione.

Vi è poi la vicenda dei lavoratori delle imprese ferroviarie e in particolare quella dei macchinisti che per un errore tecnico della riforma Fornero sono costretti ad andare in pensione a 67 anni, continuando da soli (perché dal 2009 è stato introdotto il macchinista unico) a guidare treni dell’alta velocità a 320 km all’ora. Però, solo se sono ancora in vita, dal momento che la vita media di un macchinista è di 64 anni, trattandosi di un lavoro tra i più usuranti. Così, in pensione non ci andranno mai.

La vicenda dei lavoratori della scuola riguarda circa 4000 persone che hanno maturato i requisiti per poter andare in pensione entro la fine dell’anno scolastico 2011-2012. Senonché, la riforma Fornero ha stabilito che in pensione con i vecchi requisiti ci vanno solo coloro che i requisiti li avevano maturati al 31 dicembre 2011. In questo modo è stato ignorato il fatto che i lavoratori del settore scolastico hanno questa peculiarità: non possono decidere di andare in pensione il 31 dicembre o quando vogliono, ma lo Stato impone loro, giustamente, di andarci il primo settembre, cioè alla fine dell’anno scolastico per poter garantire ai nostri figli la continuità dell’insegnamento e della didattica. Cosicché chi sarebbe dovuto andare in pensione alla fine dell’anno scolastico 2011-2012 è rimasto imprigionato nelle maglie della riforma, pur maturando i requisiti pensionistici entro il 31 agosto 2012. Questi lavoratori ora si trovano costretti a lavorare, a seconda delle situazioni, fino a 7 anni in più.

Molti tribunali hanno dato ragione a questi lavoratori e dall’inizio della legislatura il Parlamento, per risolvere il problema, sta discutendo la proposta di legge a prima firma di Manuela Ghizzoni, ma sottoscritta da deputate e deputati di quasi tutte le forze politiche. Servirebbero circa 450 milioni di euro, ma per otto mesi il governo Letta non ha voluto farsene carico, costringendo la Commissione Lavoro a predisporre ben tre testi diversi della legge. Da ultimo, ha proposto di prenderli dal fondo per gli esodati, ma non è una grande idea recuperare i soldi per un’emergenza da un’altra emergenza per la quale le risorse sono ancora insufficienti.

La Ragioneria dello Stato, che dà il via libera alle coperture finanziarie, si è opposta ad altre soluzioni, che pure ci sarebbero e Sel le ha indicate puntualmente (a partire da una maggiore tassazione delle rendite finanziarie). La Commissione Bilancio della Camera più volte è stata chiamata a esprimere il proprio parere, ma puntualmente il governo ha chiesto e ottenuto un rinvio alla riunione successiva. Di rinvio in rinvio sono passati troppi mesi.

Tra l’altro va ricordato che dalla “manovra” Fornero ci si aspettava – dal 2012 al 2022 – un “risparmio” di circa 22 miliardi di euro, che in realtà, secondo l’Inps, saranno di oltre 90 miliardi. I soldi dunque ci sarebbero. Il problema è che gli ultimi governi hanno utilizzato le pensioni e i pensionati per fare “cassa” e anche di fronte a conclamate ingiustizie e ad errori clamorosi non hanno posto rimedio. Non sappiamo cosa aspettarci dal nuovo governo Renzi. Quello che è certo è che questa ingiustizia macroscopica non può più essere tollerata e che lo Stato deve garantire la pensione ai lavoratori della scuola ingannati dalla riforma Fornero e dal governo Letta.

* Deputati Sel