Nelle torbide acque del mar Baltico si agita qualcosa. Da giovedì è in corso l’ennesima prova di forza da parte dei paesi occidentali impegnati a controbilanciare «l’ostile» presenza russa. Sotto l’egida della Joint Expeditionary Force (Jef) – alleanza militare di 9 Paesi – il Regno unito è alla testa di un imponente flotta navale (44 imbarcazioni). È la più grande manovra militare a cui i britannici abbiano preso parte, nella zona, da cento anni a questa parte. Si tratta solo di un’esercitazione, ma è anche un messaggio di sfida al Cremlino. A non farne un mistero è lo stesso comandante della Royal Navy James Parkin, che in un’intervista al Daily Telegraph ha dichiarato: «Sappiamo che hanno piazzato diverse armi a Kaliningrad – enclave russa situata tra Polonia e Lituania – e da altre parti. Per questo siamo qui con i nostri alleati». Posizione condivisa anche dalla segretaria di Stato per la difesa del Regno unito Penny Mordaunt, «Mosca diventa sempre più risoluta, la vediamo schierare nuove forze e nuove armi e possiamo immaginare quali scenari potrebbero verificarsi in futuro. È quindi fondamentale stare al fianco dei nostri alleati».

È evidente che lo scopo è anche quello di rafforzare la sicurezza degli stati membri della Jef che si affacciano sul Baltico. In particolar modo la Svezia, che da anni lamenta un progressivo disimpegno sia americano che britannico a fronte di una crescente presenza russa. Le continue violazioni del proprio spazio aereo e il riarmo russo di Kaliningrad hanno spinto Stoccolma a incrementare il budget per la Difesa (+ 338 milioni) e ha reintrodotto la leva obbligatoria. Il governo inoltre ha inviato alla popolazione un opuscolo intitolato In caso di crisi o di guerra, con consigli e raccomandazioni su come gestire al meglio le situazioni sopracitate. Da ultimo, lo spiegamento di un nuovo sistema missilistico terra-aria sull’isola Gotland. Dettaglio non da poco se si considera che Gotland dista appena 345 km da Kaliningrad.