Sarebbe dovuto a una manovra sbagliata il naufragio avvenuto giovedì in acque libiche e costato la vita a decine di migranti. A ricostruire la dinamica dell’ennesima tragedia avvenuta nel canale di Sicilia è stato ieri il procuratore di Siracusa Francesco Paolo Giordano dopo aver ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti raccolti da un mercantile che li ha poi trasbordati sulla nave militare tedesca Schleswig-Holstein. «Le persone sarebbero finite in mare durante le operazioni di soccorso – ha detto il magistrato – quando il gommone aveva già cominciato a imbarcare acqua. Probabilmente non è stata calcolata bene la distanza con la nave mercantile che li ha recuperati». Le vittime, sempre secondo Giordano, sarebbero almeno una trentina, e non quaranta, tra le quali ci sarebbero anche i due scafisti alla guida del gommone affondato, ma si tratta di una cifra che potrebbe cambiare con il passare delle ore.
Intanto tra i 283 migranti raccolti dalla Schlewig-Holstein e sbarcati giovedì pomeriggio ad Augusta. gli uomini del gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina di Siracusa ha individuato altri tre presenti scafisti che si trovano ora in stato di fermo.
La tragedia ha avuto come conseguenza quella di riaprire il dibattito sulla reale efficacia della missione europea Triton. «Negli ultimi mesi ha salvato tate vite, ma non risolve il problema alla radice», è l’opinione di direttore del Cir, il Consiglio italiano dei rifugiati, Christofer Hein per il quale occorre aprire corridoi umanitari che consentano a quanti fuggono dai Paesi in guerra di arrivare fino i Europa. Prudenza Hein la esprime anche per quanto riguarda la possibile apertura di campi profughi in Africa. «Ne abbiamo già a sufficienza. Sicuramente bisogna aprire dei punti di informazione e di contatto dove le persone possono presentare una richiesta di protezione».
Più espliciti i vescovi italia che, per bocca di monsignor Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, hanno chiesto esplicitamente di tornare a Mare nostrum. «Di fatto quest’anno le morti sono aumentate e il salvataggio in mare è stato indebolito», ha spiegato monsignor Perego sottolineando come la missione della Marina militare italiana «è stata un’esperienza fondamentale». Anche per la Fondazione Migrantes diventa sempre più urgente aprire dei canali umanitari, cosa che il governo italiano ipotesi finora ignorata dal governo italiano. «Ogni attesa, ogni rimando è segnato è segnato profondamente da morti che sono ancora una volta una provocazione grossa sulla nostra coscienza, ma soprattutto sulla coscienza di un’Europa che non è in questo momento solidale e dimentica questi viaggi della speranza».
«L’Europa – è stato invece il commento di padre Camillo Ripamonti, presidente del centro Astalli – da mesi discute su come gestire poche decine di migliaia di persone, un numero irrisorio rispetto alla popolazione dell’Unione e non si concentra sulla questione principale: spezzare il giogo dei trafficanti, dare alternative sicure ai migranti». I rifugiati – ha proseguito padre Ripamonti – «non sono un’emergenza. Sono il frutto prevedibile di guerre e crisi umanitarie che da anni affliggono molte regioni del mondo. L’Unione Europea si impegni a lavorare sulle cause che generano le migrazioni forzate e garantisca standard di sicurezza adeguati a chi è costretto a chiedere asilo per salvarsi la vita».
Proseguono intanto gli sbarchi. Per oggi a Palermo è previsto l’arrivo al molo Puntone della nave Siem Pilot, con a bordo 785 migranti soccorsi davanti alle coste libiche. Sono 625 uomini, 133 donne e 27 minori, di nazionalità eritrea, sudanese, siriana, etiope e bengalese. Altri 270, di varie nazionalità, sono arrivati invece ieri a Crotone a bordo di un nave della Marina militare maltese. Tra i migranti anche donne e minori. una bambina è stata ricoverata perché presentava segni di disidratazione.