Tanto, tanto tempo fa, l’esame di Letteratura latina all’università era un rude assalto al pudore delle meschine esaminande. Per i maschi, c’era una sventagliata di verbi irregolari che decideva brutalmente della loro sorte. Troppi studenti, troppi oneri e onori un tempo. Oggi la crisi degli studi umanistici ha portato almeno questo di buono: studiosi della grecità che hanno letto di tutto, nel campo specifico degli studi classici e in quelli limitrofi. Filologi, mitografi, filosofi, viaggiatori, romanzieri scrivono da esperti retori, espongono le loro splendide merci nelle librerie, persino nelle edicole, e trovano grati e felici lettori specialmente tra gli ultimi studenti di quel tempo glorioso ma anche inclemente.
Matteo Nucci, traduttore del Simposio e romanziere finalista allo Strega 2017 (È giusto obbedire alla notte), ha il merito di aver rinverdito i fasti del saggio narrativo – i Greek Studies di Walter Pater aggiornati alla rapida e immaginosa, hot, lettura di oggi – con Le lacrime degli eroi, del 2013, e il recente L’abisso di Eros Indagine sulla seduzione (Ponte alle Grazie «Saggi», pp. 284, € 16,80). Nucci e il suo lettore, preso al laccio dal fitto ma svicolante monologo dello scrittore, vanno in pellegrinaggio nelle terre in cui il pensiero occidentale ha messo le sue radici, Grecia e Magna Grecia, ieri e oggi, una unità spazio-temporale di cui è disegnata una nuova Carte du Tendre, una mappa di Eros ove scorrono grandi fiumi impetuosi, i capitoli: «Squarcio», «Seduzione», «Spaesamento». Ogni capitolo-fiume trascina tanti relitti tematici: versi immortali, ricordi di un amico o di un maestro, di un presocratico, di Platone, Socrate. E di viaggiatori-scrittori come Malcolm Lowry, Leigh Fermor, Chatwin. Sono indimenticabili anche quei luoghi visitati da una epifania: il Ceramico di Atene in cui Pericle tiene i suoi discorsi agli ateniesi, Lentini in Sicilia, un giro nella Sparta di oggi, a Kithira, Villa Mirafiori, Atene… Trasvolano miti, etimologie, storie a forti tinte di dee e dèi, umani e animali, seduttori e sedotti, illuminati dal rapido tocco di Nucci. Che testimonia l’impossibile, ma con l’assidua assistenza di Peithò: «Una cosa è certa: è Ibico che confessa di essere stato sedotto dallo sguardo che strugge sotto a palpebre scure, riflessi color ciano». Vinti da eros, ci sentiamo morire, siamo trascinati sull’orlo dell’abisso. «Eros dà vita alle lacerazioni abissali del cosmo, scendendo fino ai confini della morte. Eros si affaccia nell’abissale divaricazione del Chaos perché apre in noi uno squarcio che non potrà mai rimarginarsi. Eros ci riempie e ci svuota e ci porta via. Come il sonno. Come la morte».
Se Eros è freccia, belva, squarcio crudele, gesto maschile, Seduzione invece è opera di Methis, la figli astuta del grande seduttore e padre di tutti, Giove. È fluido che si insinua, persuasione che avvince con dolcezza, parola penetrante, rete di Afrodite, la dea marina, l’adultera. Nucci distingue finemente le tante sfumature a cui siamo sottoposti da Eros dominante, e conviene leggerlo fino all’ultima pagina quando, come ogni buon classicista, progetta il futuro guardando all’indietro, verso il passato. Elena torna sposa fedele di Menelao, «Non ama chi non ama per sempre» – verrebbe da concludere con Euripide (e Nucci). Ma c’è sempre quell’insidioso interrogativo dell’Euridice di Rilke, la moglie che non riconosce più il marito, «Chi?».