Il nuovo assegno di disoccupazione, la Naspi, disciplinato dai primi decreti del JobsAct è stato un altro cavallo di battaglia del governo: più tutele per tutti era il motto che ne accompagnava l’introduzione. Ieri l’inps fa sapere che sono state definite 211.692 domande su 513.861 presentate a partire dal primo maggio di quest’anno, data dell’entrata in vigore del relativo decreto, cioè il 41% del totale. Tuttavia, le domande definite non implicano che gli assegni siano stati erogati ai disoccupati, in quanto possono essere state respinte dall’Inps per mancanza dei requisiti o altro. Con riferimento ai precari della scuola, invece, «da fine giugno al 27 agosto sono pervenute 115.834 domande e ne sono state definite e pagate 53.957», il 46%.

I ritardi accumulati in questi mesi sono dovuti, spiega l’Inps, alla gestione del nuovo calcolo dell’assegno, che si basa su criteri diversi rispetto alle precedenti Aspi e MiniAspi. Infatti, il calcolo per l’accesso ai requisiti e l’entità dell’assegno va ora fatto sui quattro anni che precedono la domanda, fermo restando che il requisito lavorativo viene calcolato sui dodici mesi anteriori alla domanda. Modifiche che richiedono una ricerca più lunga e forse complessa, all’interno delle banche dati.

Dalla nota dell’Inps non è possibile tuttavia conoscere a quali tipologie contrattuali fanno le domande in scadenza di pagamento e quelle rigettate. In fondo è stato questo l’argomento che ha accompagnato il dibattito sui nuovi ammortizzatori in caso di disoccupazione. Il governo sbandierava l’universalizzazione dell’assegno di disoccupazione, ma la realtà dai decreti risultò ben diversa. Inoltre, come ha fatto notare anche ieri Susanna Camusso, durante il dibattito con il ministro del lavoro alla festa dell’Unità di Milano, con la Naspi vengono penalizzati i lavoratori stagionali e quei lavoratori per cui si applicava l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti.

Rimangono esclusi tutti i contratti atipici di lavoro non dipendente, a parte quelli in scadenza relativi collaborazioni, per cui è prevista la Dis.Coll e il cui diritto si ferma al 31dicembre a meno di nuovi fondi ad hoc stanziati in legge di stabilità. Quindi anche tutti i prestatori di lavoro accessorio, pagati attraverso i voucher, veri protagonisti del nuovo lavoro precario. Nel primo semestre, sono stati venduti 49.896.489 di voucher, un aumento del +74% rispetto al primo semestre del 2014, ben maggiore di quello tanto proclamato dal governo relativo ai contratti a tempo indeterminato. È vero che è possibile continuare a percepire l’assegno di disoccupazione se si è prestatori di lavoro accessorio, nonostante limiti previsti di reddito. Tuttavia nel caso in cui i prestatori di lavoro accessorio non godano già di un assegno di sostegno al reddito, essi saranno con elevata probabilità tra le prime file dei lavoratori poveri, i working poors.

Ci penseranno gli 80 euro a risollevare le condizioni economiche di questi cittadini? Non di certo, in quanto previsti soltanto per coloro che hanno un reddito tra gli otto e i venticinquemila euro annui, mentre il limite per i voucher è 7000 euro. Bisognerebbe forse ricordarlo al consigliere economico del Pd Filippo Taddei che proprio ieri invia su twitter una tabella dal sito del Pd a proposito di tasse, sostenendo che il governo Renzi, oltre ad essere l’unico ad aver abbassato le tasse finora, ha aiutato con gli 80 euro proprio gli italiani più poveri. Certo, la soglia di povertà rimane una misura politica, perché seppure sia uno strumento statistico, dipende dalla definizione di povertà che prevale in un Paese, viene allora spontaneo chiedere al professor Taddei, come poter definire tutti coloro che non riescono a guadagnare neppure 8000 euro all’anno.