Dopo un processo durato oltre cinque anni, i giudici di Monaco di Baviera hanno condannato all’ergastolo Beate Zschäpe, ultima esponente della Nationalsozialistischer Untergrund (Clandestinità nazionalsocialista), gruppo terroristico neonazista nato nella ex regione della Rdt della Turingia, responsabile dell’assassinio di nove immigrati, turchi e greci, e di una poliziotta, compiuti tra il 2000 e il 2007.

La Nsu aveva firmato nello stesso periodo anche una serie di attentati e rapine di autofinanziamento. Gli altri due membri «ufficali» della banda, Uwe Mundlos e Uwe Böhnardt si erano suicidati nel 2011 dove essere stati scoperti dalla polizia.

Oltre a Zschäpe, anche Ralf Wohlleben, già esponente locale del partito neonazista Npd in Turingia, e considerato solo un fiancheggiatore dei terroristi – avrebbe fornito loro una pistola utilzzata nelle azioni – è stato condannato a dieci anni per concorso in omicidio.

Malgrado la sua durata, un numero record di udienze e gli oltre 600 testimoni chiamati a deporre, il procedimento non ha fatto però chiarezza sui punti più delicati della vicenda. In particolare sul coinvolgimento dei servizi e della polizia federale che, malgrado sorvegliassero il circuito estremista da cui è nata la Nsu fin dagli anni Novanta, anche con agenti infiltrati, non hanno fatto nulla per impedire la lunga serie di crimini, dei quali, almeno in parte, sarebbero stati addirittura a conoscenza prima che venissero compiuti. Un’ombra che in Germania ha accompagnato spesso le indagini sull’estrema destra e che ha portato non a casio nel 2012 alle dimissioni del responsabile dell’intelligence interna, Heinz Fromm.