Ieri mattina presso il Tribunale di Brescia, il gip Carlo Banchietti ha letto il dispositivo di condanna all’ergastolo per Hanefija Prijić, accusato dell’uccisione di tre volontari italiani il 29 maggio del 1993 in Bosnia Erzegovina.

«Dopo averci derubati di tutto, due soldati ci hanno scortati nel bosco. Abbiamo capito che stavano per ucciderci. Eravamo in fila. Guido era il primo, poi Christian, Fabio, Sergio e io l’ultimo». Sono le parole di uno dei due superstiti, Agostino Zanotti, pronunciate nel maggio del 2013 quando venne apposta una stele nel luogo della strage.

Nel 1993 cinque volontari italiani di Brescia e Cremona – Guido Puletti, Sergio Lana, Fabio Moreni, Agostino Zanotti e Christian Penocchio – partirono con un convoglio umanitario destinato alla popolazione di Zavidovići, Bosnia centrale, con la quale erano in contatto dall’inizio del conflitto.

Lungo la pista che sulle mappe dell’Onu veniva chiamata «Diamond Route», l’unica percorribile da Spalato (Croazia), il convoglio venne bloccato presso Gornji Vakuf.

«Erano le quattro e mezza del pomeriggio. La stagione era questa. Davanti c’era il camion con Fabio e Sergio, io ero dietro nella Lada con Christian e Guido. I soldati ci hanno fermato qui, e subito è arrivato ‘Paraga’, il capo del gruppo», racconta Zanotti.

Il gruppo venne sequestrato e derubato. Moreni, imprenditore di Cremona, Lana, volontario della Caritas di Ghedi, Puletti, giornalista di Brescia vennero uccisi. Zanotti, responsabile del «Coordinamento bresciano iniziative di solidarietà con la ex Jugoslavia» e Penocchio, fotografo, riuscirono a fuggire, a nascondersi nei boschi e a raggiungere una base dei Caschi blu.

Hanefija Prijić, detto Paraga, era il capo della brigata dell’esercito bosniaco responsabile della strage di Gornji Vakuf. Grazie all’impegno dei superstiti, oltre che di amici e familiari che per anni si batterono per ottenere giustizia, Paraga venne arrestato e processato in Bosnia.

Il 3 aprile 2002 venne condannato in secondo grado a 13 anni di carcere, pena che ha scontato nel carcere di Zenica prima di accedere ad un regime di semilibertà ed essere poi messo definitivamente in libertà nell’estate del 2013. Durante il processo non rivelò i motivi del sequestro, tacque i nomi dei soldati che spararono e dei mandanti.

Nell’ottobre del 2016 Prijić è stato arrestato all’aeroporto di Dortmund con mandato di cattura internazionale. Ed estradato a dicembre in Italia dove con rito abbreviato è stato sottoposto a processo in cui si sono costituiti parte civile i due superstiti alla strage, due sorelle di Guido Puletti, l’allora compagna di Guido e il Comune di Brescia.

Durante il processo in Italia, Paraga ha continuato a dichiararsi innocente e di non aver mai ordinato l’uccisione dei pacifisti. Ha mantenuto il silenzio sui mandanti e sui motivi dell’eccidio, ma per la prima volta ha pronunciato i nomi dei due soldati che spararono. Si attendono ora le motivazioni di questa sentenza di primo grado che lo condanna all’ergastolo, che saranno depositate entro 90 giorni a partire da ieri.

*Osservatorio Balcani e Caucaso