Ha partecipato anche la Francia all’esercitazione navale Noble Dina organizzata tra il 7 e il 12 marzo da Israele con Grecia e Cipro, l’ultimo segno della crescente cooperazione tra i tre paesi che guardano alla Turchia come una temibile avversaria nel Mediterraneo orientale. «Queste esercitazioni sono di fondamentale importanza per rafforzare la collaborazione della nostra Marina con flotte straniere che condividono interessi comuni», ha spiegato soddisfatto il contrammiraglio Eyal Harel, capo delle operazioni navali israeliane.

Soddisfazione giustificata perché Israele, Grecia e Cipro giorno dopo giorno rafforzano i loro legami. E non solo nella difesa dei giacimenti di gas sottomarini dalle attività di prospezione di Ankara in acque rivendicate dalla Grecia e in un’area in cui Cipro ritiene di avere diritti esclusivi. Pianificano anche la costruzione di un cavo sottomarino da 2.000 megawatt e di un gasdotto lungo 1.900 km. Gli interessi sono enormi in quell’area e coinvolgono anche l’Italia. A metà settimana la Camera ha approvato il Ddl di ratifica ed esecuzione dello Statuto dell’East Mediterranean Gas Forum (Emgf) che include oltre all’Italia, Egitto, Giordania, Israele, Cipro, Grecia e Autorità nazionale palestinese.

Ankara non resta a guardare sapendo che rischia di avere presto un altro avversario, e molto potente, se come si prevede l’Amministrazione Biden, pur riconoscendo il ruolo della Turchia nella Nato, adotterà una linea più dura verso il suo leader Erdogan rispetto a quella tenuta da Donald Trump. Tra avversari vecchi e nuovi, Erdogan punta a stabilire relazioni migliori e fruttuose con un paese che sino a qualche settimana fa era tra i suoi peggiori nemici, l’Egitto. Ha bisogno subito dell’appoggio del Cairo nella controversia con la Grecia sulla demarcazione dei confini marittimi. Così otto anni dopo lo scontro senza esclusione di colpi scaturito dal golpe militare e dalla destituzione del presidente egiziano Mohammed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani sostenuti da Ankara, Egitto e Turchia hanno riallacciato i rapporti bilaterali. Il disgelo era nell’aria dopo il ramoscello d’ulivo mostrato dal presidente egiziano El Sisi. Pur aderendo all’accordo sulla delimitazione dei confini marittimi con la Grecia – speculare a quello della fine del 2019 raggiunto dalla Turchia con il governo di Tripoli di Fayez al-Sarraj – l’Egitto ha messo a bando le licenze di esplorazione energetica nelle sue zone di competenza senza contestare quelle dichiarate da Ankara.

Erdogan non batte più il pugno sul tavolo, piuttosto punta sulla diplomazia e non è detto che la giravolta si fermi all’abbraccio con l’Egitto. Dopo le offese e gli attacchi reciproci dei mesi scorsi il leader turco ha ripreso il dialogo con il presidente francese Macron e altrettanto ha fatto con Bruxelles in vista del Consiglio europeo previsto a fine mese. Punta inoltre a migliorare i rapporti con le monarchie del Golfo dopo la riconciliazione avvenuta a inizio anno tra il suo alleato, il Qatar, e l’Arabia saudita. «Per noi, non c’è alcun motivo di non migliorare le nostre relazioni con l’Arabia Saudita. Se fanno un passo positivo, noi faremo altrettanto. Lo stesso vale per gli Emirati», ha assicurato il ministro degli esteri turco Cavusoglu che ha anche ridimensionato lo scontro con Riyadh causato dal brutale assassinio del giornalista Jamal Khashoggi compiuto a Istanbul nel 2018 da agenti dei servizi segreti sauditi. D’altronde non era passato inosservato il silenzio turco seguito alle recenti esplicite accuse rivolte dagli Usa all’erede al trono saudita Mohammed bin Salman, ritenuto il mandante dell’eliminazione di Khashoggi.

Si attendono i possibili frutti della riconciliazione tra Erdogan ed El Sisi nel teatro di guerra libico. L’Egitto potrebbe raffreddare il sostegno al generale ribelle Khalifa Haftar e far guadagnare trazione al processo politico che a Tripoli vedrà protagonista, tra problemi enormi, il primo ministro designato Abdul Hamid Dbeibah appoggiato dai turchi. Erdogan ora si concentra sui colloqui di pace del mese prossimo che ha organizzato a Istanbul tra i rappresentanti del governo di afgano e i talebani.