Ha una data la minaccia del presidente turco Erdogan all’Europa: da lunedì 11 novembre Ankara inizierà a estradare i miliziani stranieri dell’Isis catturati. A dirlo, ieri, il ministro degli Interni, Suleyman Soylu, a quattro giorni dal primo annuncio: «Avvertiamo l’Europa che li manderemo indietro a partire, speriamo, dal prossimo lunedì».

Niente di più: nessun dettaglio sui numeri o le mete, né tanto meno sulle modalità di un’estradizione a senso unico. Secondo il governo turco, il totale di foreign fighters nelle sue prigioni ammonterebbe a 1.200 unità.

Nelle stesse ore Ankara lanciava una nuova operazione nel sud-est turco, a maggioranza curda, stavolta contro il vero nemico, il Partito curdo dei Lavoratori (Pkk). Ribattezzata Kiran-5 perché ne segue altre quattro partite a fine agosto, la campagna – fanno sapere dagli Interni – coinvolgerà 2.625 uomini e 179 unità dell’esercito nelle province di Diyarbakir, Bingol e Mus.

Anche qui pochi dettagli, ma basta osservare le precedenti per farsi un’idea: militarizzazione del sud-est curdo ed eliminazione delle amministrazioni locali. L’ultima vittima è il sindaco di Ipekyolu, nella provincia di Van: Azim Yacan, del partito di sinistra Hdp, è stato arrestato ieri con il suo vice con l’accusa di appartenenza a organizzazione terroristica (il Pkk).

Sarebbe stato anche rimosso, identica sorte di 15 sindaci Hdp prima di lui. I commissari governativi sono già operativi da Diyarbakir a Mardin fino a Van da fine agosto, proprio in contemporanea con l’avvio delle operazioni nel sud-est.

Una campagna che fa il paio (politico) con quella in corso dal 9 ottobre contro il Rojava, il nord-est siriano a maggioranza curda, e la sua amministrazione autonoma. Si combatte, nonostante le dichiarazioni di tregua, con le Forze democratiche siriane guidate dai curdi impegnate a difendere comunità e progetto politico.

Continuano i raid turchi su Ayn Issa e Tel Temer, mentre Manbij è colpita dall’artiglieria delle milizie jihadiste filo-turche. A rispondere non sono solo le Sdf: la gente protesta da giorni contro i pattugliamenti congiunti russo-turchi a Qamishlo. Ieri, riporta l’agenzia Anf, le pattuglie sono state prese a sassate nei villaggi in cui sono passate (qui il video). I soldati turchi hanno risposto sparando sulla folla, per poi investire e uccidere un giovane, Serxwebûn Ali.