La crisi politico-militare in Nagorno-Karabakh sembra essersi infilata in un vicolo cieco. Dopo ben 3 tentativi falliti di instaurare una tregua umanitaria tra Azerbaigian e Armenia per lo scambio dei prigionieri e dei morti, martedì sera Recep Erdogan ha alzato la cornetta per parlare con Vladimir Putin. All’ordine del giorno la crisi in Transcaucasia ma anche la ripresa dei confronti diretto in Siria tra la guerriglia filo-turca e l’esercito russo.

E 24 ORE DOPO ERDOGAN ha voluto rendere nota la sua versione del contenuto del colloquio con il presidente russo. Il presidente turco nel colloquio avrebbe invitato Putin a una trattativa diretta per risolvere la crisi del Karabakh. «Abbiamo discusso con Putin degli eventi in Karabakh. Gli ho detto: vieni nel Caucaso, risolviamo questo problema. Se vuoi, decidiamo insieme. Voi parlerete con i vostri partner armeni, noi con i nostri azeri» ha dichiarato Erdogan, parlando ai membri del gruppo parlamentare del suo partito.
La proposta è chiara: una trattativa diretta sul modello di Astana che tagli fuori gli attori francesi e americani per la sistemazione territoriale dell’enclave.

Fonti vicino al Cremlino, sostengono che il presidente russo avrebbe opposto un netto no. Il feeling tra i due capi Stato non è più quello di un anno fa e anche i loro interessi sono sempre meno coincidenti. Mosca vuole attendere di vedere se una nuova eventuale amministrazione Biden voglia svolgere un ruolo più dinamico nella regione ma soprattutto non vuole perdere un interlocutore come Macron, cioè l’unico leader europeo che sta in qualche modo tenendo testa alle minacce di Erdogan. Non a caso c’è stato parecchio imbarazzo al Cremlino per le dichiarazioni di Rusman Kadyrov, il governatore della Cecenia, che ha accusato ieri il capo dell’Eliseo di essere «il principale colpevole per il terrorismo musulmano»: il portavoce di Putin Dmitry Peskov ha seccamente replicato al leader caucasico che «non è suo compito tratteggiare la politica estera della Federazione».

DURANTE LA TELEFONATA con Putin, Erdogan ha inoltre anche rispedito al mittente le accuse di un proprio coinvolgimento diretto nel conflitto azero-armeno e ha tirato in ballo i curdi. «Ci dicono: stai mandando combattenti in Azerbaigian dal Medio oriente. Ho risposto al presidente Putin: guarda in casa armena, ci sono circa 2 mila membri del Partito dei lavoratori del Kurdistan che stanno combattendo, pagati 600 dollari al mese; lui ha risposto di non saperne nulla» ha aggiunto Erdogan.

L’accusa di Ankara a Erevan di usare militanti delle Unità di protezione curde nel conflitto nel Nagorno-Karabakh non è nuova, ma per ora non trovariscontri. Solo un soldato prigioniero armeno in un video diffuso dal ministero della Difesa azera ha sostenuto di aver visto dei curdi combattere.

IL MASSACRO INTANTO AL FRONTE prosegue, facendo un gran numero di vittime tra i civili. Ieri dei giornalisti russi hanno diffuso fotografie che mostrano la completa distruzione, dopo un bombardamento aereo di F-16 turchi, dell’ospedale di Stepanakert. Ci sarebbero state parecchie vittime tra i degenti. Violenti bombardamenti dell’asse turco-azero sono stati segnalati anche a Sgushi la seconda città più popolosa del Karabakh. Il ministero degli Esteri armeno ha definito gli attacchi «un crimine di guerra, una grave violazione del diritto internazionale» e ha accusato il nemico di aver attaccato persino la sede locale della Croce rossa. Tuttavia, accuse di efferatezze provengono anche da parte azera. Secondo Baku l’artiglieria di Erevan avrebbe bombardato la località azera di Barda provocando 19 morti e 60 feriti.

ERDOGAN NEL SUO COLLOQUIO con Putin lo ha accusato di voler estendere lo scontro in Siria. Il “sultano” si riferisce all’attacco portato mercoledì dall’aviazione russa a un campo di addestramento dell’opposizione siriana filo-turca Falak al-Sham a Harem, nella provincia di Idlib, confermato anche dall’agenzia di stampa russa Ria Novosti. Secondo il Syrian Monitoring Center for Human Rights, nel bombardamento sono stati uccisi almeno 78 militanti e 90 sono rimasti feriti.