Attenti a quei due. C’è una coppia vincente di raìs mediorientali che, almeno in apparenza, comincia l’anno in gloria, come molti, soltanto qualche anno fa, forse non avrebbero mai immaginato.Il ritiro americano dalla Siria, deciso da Donald Trump, pur se rimandato nel caos di quattro mesi, sancisce il ruolo di primo piano di Erdogan nella regione ma anche quello di Bashar Assad, l’unico autocrate che ha resistito alle primavere arabe e alla tempesta cominciata nel 2011. Assad adesso è corso in aiuto di curdi Manbij, traditi dal ritiro americano, mentre Erdogan vuole sloggiarli dal Nord della Siria e cacciarli a Est dell’Eufrate. E’ ormai un faccia a faccia.

ERDOGAN considera i curdi dei terroristi, in quanto legati al Pkk fondato da Abdullah Ocalan (in carcere da anni in Turchia), e li accomuna ai jihadisti dell’Isis che i curdi hanno combattuto con strenuo eroismo. Anzi proprio Erdogan ha fatto affluire migliaia di islamisti dalla frontiera turca per abbattere il regime di Assad, un dittatore con cui fino a pochi anni fa andava a braccetto.
Erdogan e Assad hanno vissuto vite quasi parallele: due leader diversi, prima alleati e poi nemici.

Recep Tayyip Erdogan nasce nel ‘54 da una famiglia modesta di Kasimpasa un quartiere popolare di Istanbul, da giovane per mantenersi vende ciambelle e limonate, giocando ala destra tra i semiprofessionisti fino alla laurea in economia e commercio. Bashar Assad, classe ’65, è il secondo figlio maschio del defunto presidente Hafez, presidente siriano, uno dei capi più potenti del Medio Oriente, schierato contro Israele, che dal ’67 occupa il Golan, e l’America.

Erdogan fa carriera nel movimento di ispirazione islamica di Necmettin Erbakan: nel ‘94 diventa sindaco di Istanbul. Nello stesso anno muore il primogenito di Assad, Basel, e Bashar viene indicato come successore. Nel ’98 Erdogan è incarcerato per incitamento all’odio religioso; Assad va a Londra per frequentare scuole d’eccellenza e si laurea in oftalmologia. Si sposa con Asma Akras, una delle ragazze più affascinanti e in vista della City. La moglie di Erdogan, Emine, porta il velo e questo crea imbarazzo nell’establishment laico e secolarista.

NEL 2000, ALLA MORTE del padre, Assad diventa presidente: giovane, occidentalizzato, solleva grandi speranze di rinnovamento in patria e fuori. Erdogan nel 2002 vince le elezioni politiche che l’Akp, evoluzione del partito islamico, dominerà per oltre un decennio.

Siria e Turchia, quasi in guerra del ’98 per la protezione accordata da Damasco a Ocalan, capo del gruppo curdo di guerriglia Pkk, si avvicinano. Erdogan e Assad sembrano intendersi alla perfezione e creano una zona di libero scambio nel cuore del Levante. Erdogan appoggia Assad e interviene furibondo contro Israele quando nel 2007 lo stato ebraico bombarda il sospetto impianto nucleare di Deir Ez Zhor. Assad ed Erdogan trascorrono le vacanze estive al mare in Turchia insieme alle due famiglie: quasi un idillio.

Ma sono leader di due Paesi assai diversi. Erdogan, sanguigno e determinato, conservatore nei costumi ma liberale in economia, aspira a diventare la guida di un nuovo Medio Oriente. Assad, alleato di Teheran e degli Hezbollah libanesi, rappresenta un Paese arabo dominato da una cerchia famigliare, è l’esponente di una minoranza al potere, gli alauiti, molto chiusa, e legata allo sciismo.

QUESTE DIFFERENZE tra un leader forte come Erdogan e l’erede di un’autocrazia feroce diventano sempre più profonde con l’esplosione della primavera araba nel 2011. Erdogan vorrebbe che Assad contenesse la rivolta solo con mezzi pacifici. Ma è un errore psicologico: un raìs non può dire a un altro raìs cosa fare in casa sua e Bashar, che ha delegato ad altri la politica interna, non appare nelle condizioni di decidere da solo. Erdogan non capiva che Bashar voleva soltanto modernizzare il sistema siriano: questi sono regimi che non si riformano. “Da queste parti più che il Pil pro capite _ scrive un giornalista turco _ contano le armi e il cinismo di usarle”.

Oggi sono entrambi dei sopravvissuti vincenti. Erdogan ha superato la prova del fallito golpe del luglio 2016 ma anche quello della sconfitta in Siria. Assad con l’aiuto di Putin e dell’Iran ha smentito tutte le previsioni rimanendo in sella ma un prezzo altissimo, con una guerra con centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi.

La partita tra i due corre sul filo delle alleanze, vecchie e nuove. La Russia cede a Erdogan perché, tra l’altro, è uno dei suoi maggiori acquirenti di gas, l’Europa cede a Erdogan perché si tiene in casa, ben pagato da noi, tre milioni profughi, gli Usa cedono a Erdogan perché la Turchia fa parte della Nato.

NON IMPORTA se il reìs turco ha abbattuto una aereo russo nel 2015, non importa se ha fatto passare migliaia di jihadisti per eliminare Assad, non importa se ha ucciso centinaia di curdi, dentro e fuori i suoi confini, e favorito l’Isis. Erdogan ricatta anche i sauditi sul caso Khashoggi e nessuno dice nulla sulle centinaia di politici e giornalisti in carcere in Turchia. Anche l’Iran è d’accordo perché ne ha bisogno per aggirare le sanzioni. E l’Italia sostiene a Tripoli un governo appoggiato dai turchi in nome della Fratellanza Musulmana.

Ma possiamo fidarci di uno così che appena può ci prende a calci? Erdogan sfrutta il suo ruolo strategico ma non è così forte: siamo noi, in Occidente e a Oriente, a dargli più di quel che merita.
E Assad, che era diventato il bersaglio principale dell’Occidente, dell’Europa e delle monarchie del Golfo, improvvisamente diventa una carta da giocare per contenere le ambizioni del Sultano turco Erdogan: le vite parallele dei due continuano.