Pericolosa escalation verbale, e non solo, tra Turchia e Francia negli ultimi due giorni, ultima tappa di una tensione che dura da circa un anno: domenica Parigi ha richiamato il proprio ambasciatore ad Ankara. Il pretesto per l’attacco di Erdogan è stato il discorso di Emmanuel Macron mercoledì scorso alla cerimonia in onore del professore di storia e geografia, Samuel Paty, assassinato da un islamista di origine cecena il 16 ottobre a Conflans-Sainte-Honorine. Il presidente turco ha ripetuto due volte, domenica e ieri, che Macron dovrebbe occuparsi della sua “salute mentale”, perché difendendo la libertà di espressione e le vignette di Charlie Hebdo, il leader francese ha avviato «una campagna di linciaggio» contro i musulmani «simile a quella contro gli ebrei prima della seconda guerra mondiale». Erdogan ha lanciato un appello al boicottaggio dei prodotti francesi, seguito da qualche paese musulmano, in particolare il Qatar, la Giordania, il Kuwait, con echi in Marocco.

IERI, ANGELA MERKEL ha condannato le «dichiarazioni diffamanti» di Erdogan, «inaccettabili» anche per Giuseppe Conte, che ha espresso «piena solidarietà» a Emmanuel Macron, come numerosi paesi Ue, Olanda, Spagna, Grecia, Lituania. Il responsabile della politica estera e di difesa della Ue, Josep Borrell, ha condannato e invitato la Turchia a «cessare questa spirale pericolosa di scontro». La Francia è indignata, ha denunciato la «grossolanità» di Erdogan e ha fatto sapere che la Turchia non ha inviato nessun messaggio di solidarietà dopo l’assassinio di Samuel Paty (solo ieri Ankara ha rimediato, condannando «l’assassinio mostruoso»). Il ministro degli Esteri, Yves Le Drian, ha invitato Erdogan a evitare affermazioni che «snaturano le posizioni francesi a favore della libertà di coscienza, di espressione, di religione». Macron ha affermato che «rispettiamo tutte le differenze in spirito di pace, non accetteremo mai discorsi d’odio e difendiamo un dibattito ragionevole, la nostra storia è di lotta contro le tirannie e i fanatismi, continueremo».

Il Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) è intervenuto: «La Francia è un grande paese, i cittadini musulmani non sono perseguitati, costruiscono liberamente le loro moschee e praticano liberamente il loro culto». Il presidente del Cfcm, Mohammed Moussaoui, ha chiesto ai musulmani francesi di «difendere gli interessi» della Francia di fronte alla campagna di boicottaggio dei prodotti made in France «controproducente», che crea «divisione». Il presidente del Medef (la Confindustria francese), Geoffroy Roux de Bézieux, ha invitato il mondo economico a «resistere a questo ricatto e purtroppo a subire il boicottaggio, non rispondiamo all’idiozia con l’idiozia». Le esportazioni nel medio e vicino oriente equivalgono al 3% del totale dell’export francese e solo una minoranza dei 57 stati a maggioranza musulmana aderisce al boicottaggio (per il momento, i prodotti colpiti sono soprattutto formaggi fusi, come Kiri o Babybel, oltre ai cosmetici L’Oréal).

L’ESCALATION DI QUESTI GIORNI arriva dopo un anno di tensioni, tra la Turchia e la Ue, con la Francia tra i paesi più attivi. Giuseppe Conte ha ricordato a Erdogan che «le invettive personali non aiutano l’agenda positiva che la Ue vuole portare avanti con la Turchia, al contrario allontano la soluzione». A giugno una regata francese ha cercato di bloccare il cargo turco Cirkin, sospettato di violare l’embargo di armi alla Libia. In Siria, nel 2019 la Turchia ha attaccato i curdi, alleati dell’occidente nella guerra al jihadismo, con l’intervento nel nord del paese.

Più di recente la tensione è cresciuta nelle acque territoriali greche e cipriote, con i foraggi turchi per il gas, la marina francese ha appoggiato Atene. Ultimamente, c’è l’intervento turco nel Nagorno-Karabakh a sostegno degli azeri (con l’invio di mercenari siriani), contro gli armeni (in Francia, primo paese ad aver votato una legge che riconosce il genocidio armeno, vive una forte comunità armena). La Nato è in grande imbarazzo. Il segretario generale, Jens Stoltenberg, dopo molte esitazioni, ha ammesso il 22 ottobre che esiste un «problema turco». Ankara ha rinunciato alle manovre militari nel Mediterraneo previste la prossima settimana, ma il 16 ottobre ha effettuato un test sui missili russi S-400, che ha comprato sfidando gli alleati Nato.

Gli Usa hanno condannato in termini «molto forti». La Nato dovrà prendere delle decisioni sulla Turchia nel prossimo dicembre.
La Francia è nel mirino di Erdogan anche perché il 9 dicembre verrà presentata una legge sui “separatismi”, che mira a reprimere le derive estremiste. Tra le norme della legge, ci sarà il controllo dell’islam “consolare”, cioè gli imam inviati in Francia da paesi stranieri. Ce ne sono circa 300, la metà sono turchi. Erdogan perderà una leva di potere sugli immigrati turchi in Francia.