Alla fine, visti i risultati elettorali, per l’Akp e per Erdogan ha pagato la strategia della tensione innescata contro i kurdi e la sinistra turca con una litania di attentati culminati con la strage di Ankara e la messa sotto controllo dei media dell’opposizione. La verità è sotto gli occhi di tutti. Ma mentre Erdogan passa all’incasso, l’Europa diventa strabica.

Da una parte gli osservatori Osce sul campo in un rapporto congiunto con il Consiglio d’Europa denunciano il clima di «violenza» della campagna elettorale perché è stata ostacolata «la possibilità dei candidati di condurre una campagna libera», specie nel sud a maggioranza kurda, accusando il governo di Ankara per le pressioni sulla stampa indipendente.

Invece l’Unione europea non solo non condanna ma addirittura apprezza: per Mister Pesc Federica Mogherini e il commissario all’allargamento, Johannes Hahn «le elezioni di domenica in Turchia, con un’affluenza elevata, hanno riaffermato l’impegno forte del popolo turco per il processo democratico».

Il fatto è che all’Ue serve la Turchia come filtro e «posto sicuro» per i profughi e allo stesso tempo Erdogan, dopo avere alimentato la guerra in Siria, torna utile come «fronte sud della Nato» a garantire gli interessi occidentali nel conflitto siriano infinito. Lo strabismo europeo non è sinonimo di mitica bellezza ma di squallida omertà.