La «visione del 2023» turca, contrapposta o affiancata al «sogno cinese». Si tratta dei tentativi di fare dei due paesi due giganti economici in grado di primeggiare nel mondo.

Erdogan è giunto ieri in Cina, prima volta da presidente, per parlare di affari (è accompagnato da un centinaio di businessmen) e capire come abbassare i toni delle polemiche nate durante il Ramadan, quando gli uighuri in Turchia hanno manifestato contro la decisione del governo di Pechino, mai confermata da fonti ufficiali, di limitare le celebrazioni musulmane.

Del resto la vicenda uighura, legata alle sorti delle regione nord occidentale dello Xinjiang (nome cinese rifiutato dagli abitanti che chiamano l’area Altishahr, «le sei città», a indicare quell’arcipelago geografico precedente non solo alla conquista cinese ma anche all’islamizzazione della regione) costituisce un potenziale motivo di attrito tra i due paesi e c’è da credere che la realpolitik di Erdogan concorrerà a metterla in secondo piano, almeno ufficialmente.

Fonti turche confermano quanto detto dal presidente qualche giorno fa: «Non abbiamo intenzione di intrometterci in questioni di politica interna cinese», parole gradite all’orecchio pechinese poco intenzionato a farsi spiegare come gestire una regione che considera propria. La Repubblica popolare aveva risposto al governo turco, negando restrizioni alla «libertà religiosa» e manifestando «preoccupazione» per le dichiarazioni poco pacifiche che arrivavano dalla Turchia.

A questo Pechino aveva aggiunto un «travel warning» ai suoi cittadini dopo che alcuni turisti erano stati «attaccati e molestati» durante proteste anti-cinesi a Istanbul. Sicuramente – invece – l’escalation al confine turco siriano contro l’Isis da parte di Ankara costituirà un motivo di dialogo; entrambi i paesi si fregiano della propria attività anti terroristica, ma si può stare certi che i temi più discussi saranno di natura economica.

Come sottolineavano nei giorni scorsi i media cinesi, un po’ tiepidi sull’occasione diplomatica proprio per le contestazioni anti cinesi dei giorni scorsi, le relazioni bilaterali sino-turche sono costantemente migliorate negli ultimi anni. La Cina è il terzo partner commerciale della Turchia (dopo Germania e Russia) e la Turchia ha attirato 200 mila turisti cinesi nel 2014, una crescita del 43 per cento rispetto al 2013.

Come chiosava ieri il Global Times, quotidiano ufficiale del governo di Pechino, «si spera che la visita di Erdogan fornisca l’opportunità a Pechino e ad Ankara di migliorare le comunicazioni e rimuovere le incomprensioni. Sarà di beneficio reciproco se i due paesi potranno essere partner in attività commerciali e anche nella lotta contro il terrorismo».

Sul fronte turco, si confermano i migliori auspici, anche alla luce della probabile acquisizione da parte della Turchia di un nuovo sistema di difesa missilistico di produzione cinese. «La Repubblica Popolare Cinese è stato il Paese che ha presentato la miglior offerta», ha detto ieri il presidente turco.