Sono state immediate le contromisure adottate dalle autorità carcerarie nei confronti del segretario generale di Fatah, Marwan Barghouti, e degli altri detenuti palestinesi, circa 1500, che da lunedì fanno lo sciopero della fame nelle carceri israeliane per ottenere migliori condizioni di vita. I palestinesi denunciano il trasferimento dei prigionieri in sezioni diverse, la sospensione delle visite dei familiari e altri provvedimenti punitivi. Barghouti lunedì era stato trasferito, insieme ad altri due prigionieri, Karim Junis e Mahmoud Abu Srour, dal carcere di Hadarim a quello di Jalama dove è stato messo in isolamento. Israele respinge l’apertura di una trattativa. Parlando ieri ai microfoni di Galei Tzahal, la radio delle forze armate, il ministro per la sicurezza interna Ghilad Erdan ha detto che l’isolamento di Barghouti «si è reso necessario perché (il leader di Fatah) incitava alla rivolta e guidava lo sciopero».

Erdan definendo la protesta «uno sciopero politico ed ingiustificato», ha aggiunto che Israele ha allestito nei pressi del centro di detenzione di Ketziot, nel Neghev, un ospedale da campo dove saranno curati quanti fra gli scioperanti dovessero aver bisogno di cure mediche nei prossimi giorni. E non ha escluso che i detenuti possano essere alimentati contro la loro volontà. Dietro l’idea dell’ospedale da campo ci sarebbe proprio la possibilità dell’alimentazione forzata, vietata dal diritto internazionale. Nei nosocomi civili i medici israeliani non intendono nutrire con la forza i detenuti palestinesi malgrado il recente parere favorevole della Corte suprema. L’uso di un ospedale da campo perciò sembra offrire una scappatoia. Tuttavia Israele sa che obbligare i prigionieri ad alimentarsi finirebbe per gettare altra benzina sul fuoco della protesta delle famiglie dei detenuti e di molte migliaia di palestinesi che si stanno mobilitando in appoggio allo sciopero della fame che riceve sostegni anche in altri Paesi, arabi ed europei.

Marwan Barghouti presto affronterà una corte disciplinare per la sua lettera pubblicata il 16 aprile dal New York Times in cui ha spiegato i motivi dello sciopero e rivolto pesanti accuse a Israele. Le polemiche infuriano e le proteste dello Stato ebraico hanno spaccato la redazione del Nyt dove non poche voci si sono levate contro la decisione di pubblicare la lettera di Barghouti, senza precisare le ragioni per le quali è stato condannato a cinque ergastoli. Ieri è intervenuto anche il premier israeliano Netanyahu. «Indicare Barghouti come leader politico equivale a definire Bashar Assad un pediatra», ha commentato con sarcasmo il primo ministro che poi ha descritto «terroristi e assassini» i personaggi come il dirigente di Fatah.