Qualcuno accosta Lara al Qassam a Viktor Navorski, il cittadino dell’immaginaria Cracozia protagonista del film “The Terminal”, costretto a non poter uscire dall’aeroporto JFK di New York perché in possesso di un passaporto non valido. Ma a differenza del simpatico personaggio interpretato da Tom Hanks la studentessa americana, con i nonni palestinesi, che il ministro Gilad Erdan non intende far entrare in Israele – è sospettata di essere una sostenitrice del Bds, il movimento per il boicottaggio di Israele – non sta vivendo la favola a lieto fine concepita da Steven Spielberg. Da oltre una settimana è detenuta – Erdan smentisce, dice che «è libera di tornare indietro» – all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv pur avendo stampato sul suo passaporto un regolare visto A 2 di studio ottenuto dalle autorità consolari israeliane negli Stati uniti per poter frequentare un master all’Università ebraica di Gerusalemme. Al Qassam in realtà fa parte, in Florida, di Students for Justice in Palestine, un gruppo che il ministro Erdan considera simile al Bds. La giovane ha presentato appello contro la deportazione e, in attesa della decisione dei giudici, resta nell’angusto spazio in cui vive da oltre una settimana.

Con ogni probabilità Lara al Qassam sarà deportata. Il ministro Erdan per farla entrare chiede una sorta di abiura. «Se al Qassam dirà apertamente che il suo sostegno al movimento Bds è illegittimo e che si pente di averlo perorato, potremmo rivedere la nostra decisione

. Richiesta che la studentessa non intende accogliere. Comunque vada il caso è esploso sui media e i riflettori sono puntati sulla linea dell’“ingresso vietato” che il governo Netanyahu porta avanti nei confronti di cittadini stranieri, talvolta noti, spesso anche ebrei, che criticano o condannano le politiche di Israele nei confronti dei palestinesi. Due editorialisti ebrei del New York Times, Bret Stephens e Bari Weiss, sono intervenuti a sostegno di al Qassam e contro Israele ricordando che di recente diversi cittadini americani ebrei – tra i quali la docente Katherine Franke, l’attivista Simone Zimmerman, lo scrittore Peter Beinart e la leader di Codepink Ariel Gold – sono stati fermati, interrogati per ore su ciò che pensano di Israele dai servizi di sicurezza del Ben Gurion e in quache caso espulsi.

Alcuni deputati del partito Meretz (sinistra sionista) sono andati a far visita a Lara al Qassam e il rettore dell’Università di Gerusalemme, Barak Medina, ha preso le sue difese. «La decisione del ministro di impedire l’ingresso di una studentessa solo per le sue idee – ha affermato – è una minaccia per ciò che l’Università rappresenta, il confronto di idee non ci spaventa». Per questo l’Università ebraica ha deciso di sostenere in tribunale la richiesta di al Qassam di raggiungere Gerusalemme provocando l’indignazione di Erdan che ha accusato il rettore di essersi schierato contro Israele, il governo e la legge anti-Bds promulgata dalla Knesset. La vicenda della studentessa americana non evidenzia solo le discriminazioni a cui sono soggetti al Ben Gurion cittadini di vari paesi. ma anche israeliani, specialmente se arabi – in entrata come in uscita dal paese. Sottolinea anche l’attrito esistente tra il governo Netanyahu e settori importanti della comunità ebraica americana. Differenze che invece non emergono tra Israele e le comunità ebraiche europee, dove l’attuale esecutivo israeliano sembra godere di un consenso ampio.