Cessate il fuoco sì, cessate il fuoco no; a tempo indeterminato, solo di 24 ore. Ieri le notizie sulla tregua raggiunta dal governo centrale iracheno e la regione autonoma del Kurdistan si smentivano a vicenda. Di certo c’è il silenzio delle armi, dalle una di venerdì.

Il portavoce della coalizione anti-Isis a guida Usa ha confermato il cessate il fuoco aggiungendo però che l’entrata in vigore della tregua era ancora ufficiosa.

Poco dopo il premier iracheno Al-Abadi ha parlato di 24 ore di stop ai combattimenti e ordinato alle sue truppe di non avanzare verso i valichi di frontiera del Kurdistan iracheno: quelle 24 ore serviranno – ha aggiunto – a prenderne possesso senza colpo ferire. «Un team congiunto federale e regionale [anche peshmerga, ndr] lavorerà per dispiegare le forze federali irachene in tutte le aree contese, nel valico di Fish Khabur e nei confini internazionali, immediatamente»

L’ufficio del presidente kurdo Barzani ha spinto in avanti l’asticella: «Sforzi diplomatici sono in corso per individuare una data per l’avvio dei negoziati tra Erbil e Baghdad».

Così un debolissimo Barzani, passato in poche ore dalle stelle alla polvere, dall’entusiasmo popolare per il referendum sull’indipendenza (votato lo scorso 25 settembre) all’isolamento internazionale, tenta di salvare l’autonomia guadagnata nel 1991 e messa in serio pericolo dall’avanzata – iniziata il 16 ottobre – di truppe irachene e milizie sciite.

Un’offensiva rapida e semi-indolore (i peshmerga in buona parte dei casi si sono ritirati prima dello scontro) che ha permesso la ripresa delle zone contese, a partire dalla ricca Kirkuk e dai valichi verso Siria e Turchia, ovvero le vie di transito del greggio e dei prodotti commerciali.

Una delle frontiere è già tornata in mano a Baghdad. È il valico di Rabia, tra Iraq e Siria, per lungo tempo una delle vie privilegiate di transito dell’Isis. Secondo le autorità irachene, i peshmerga lo hanno ceduto pacificamente e «il personale ha cominciato a riparare linee elettriche e condotte d’acqua danneggiate».

E se a sostenere gli sforzi iracheni in chiave anti-Erbil c’è il vecchio alleato di Barzani, la Turchia, chi in realtà avanza invisibile è l’Iran.

Le milizie sciite legate a Teheran stanno ampliando il loro raggio d’azione, portandosi direttamente (e senza combattere) al confine con la Siria e ricollegandosi con le forze sciite al di là della frontiera. Chissà se Erdogan se ne è reso conto.