Prosegue la campagna di epurazione inaugurata sabato scorso dall’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman: sarebbero già 208 le persone detenute nell’ambito di quello che Riyadh definisce «scandalo corruzione». Sette le scarcerazioni.

Ieri il procuratore generale ha snocciolato qualche numero: negli ultimi decenni, oltre 100 miliardi di dollari sarebbero evaporati per appropriazione indebita e corruzione. Non solo, dunque, i 49 tra principi, ministri ed ex ministri, militari e imprenditori agli arresti domiciliari: sarebbero coinvolti i vertici dell’élite politica ed economica della petromonarchia.

Tutto sotto il naso dei regnanti? I numeri confermano le analisi della prima ora: Mohammed bin Salman sta procedendo all’eliminazione delle figure a lui rivali, contrarie alla sua nomina a delfino dell’attuale monarca Salman e oggi eliminate.
A guidare l’inchiesta è proprio Mohammed il riformatore, come viene dipinto dagli entusiastici governi occidentali: si è nominato capo del neonato comitato anti-corruzione.

Al momento, aggiunge la procura, sarebbero già stati congelati 1.700 conti bancari di individui indagati. Tra questi, quello multimilionario del principe Walid bin Talal, anche lui agli arresti domiciliari all’hotel a 5 stelle Ritz-Carlton di Riyadh.

Con lui, dicono i primi rumor, ci sarebbero anche i vertici della finanza e dell’economia saudite: Alwalid al-Ibrahim, proprietario dell’emittente tv Mbc; Amr al-Dabbagh, ex presidente dell’Autorità saudita per gli investimenti; e Bakr Bin Laden,a capo del Bin Laden Group.

Intanto sul fronte libanese, dopo aver lavorato alle dimissioni del primo ministro Saad Hariri e aver aperto una fase di potenziale caos nel Paese dei Cedri, Riyadh ha ieri emesso un comunicato con il quale avverte i propri cittadini in Libano: lasciate subito il paese, è troppo pericoloso