«Non ci interessa il restyling delle facce, magari un giovane segretario per metterci a tacere. No a un congresso nella filiera delle solite leadership», spiega Antonella Pepe, napoletana, minigonna e leggins, «abbiamo occupato i nostri circoli perché mentre i gruppi parlamentari con il voto segreto uccidevano il nostro padre fondatore (Prodi, ndr) nei territori non si sapeva e non si capiva nulla». «Fare un partito democratico anziché un partito populista è una scelta più difficile. Ma è la nostra. Noi domani (oggi, ndr) non contesteremo l’assemblea nazionale: è un organo del nostro partito. Noi contestiamo certe scelte incomprensibili», spiega Lorenzo Rocchi, 26 anni di Prato, studente in giurisprudenza e tra i coordinatori della rete Occupy Pd. E non ce l’ha solo con la scelta di bruciare Prodi per la presidenza della Repubblica, no: «Eleggiamo un segretario, il governo Letta faccia tre-quattro cose urgenti e poi si torni a votare: noi siamo alternativi al Pd».

Ci sono molti Pd nel Pd, ma ieri almeno due Pd si sono riuniti in contemporanea. Quello degli Occupy ha serenamente ’occupato’ il circolo Woody Allen di Roma, zona San Giovanni, invitato da un gruppo trasversale (nel senso delle correnti) di parlamentari under 35. Alla vigilia di quello che si annuncia come un assedio altrettanto sereno e democratico all’assemblea nazionale di oggi. Introduce l’assemblea il segretario dei Giovani democratici, Fausto Raciti, neodeputato, giovane turco e contrario alle larghe intese. Smina il campo dalle incomprensioni «con la base». Spiega: «Anche noi chiediamo al Pd di non farsi troppo del male. Al congresso daremo battaglia per restituire un po’ di dignità al nostro partito». Un po’, quella che può recuperare dopo l’impallinamento di un fondatore e il ribaltone della linea che ha portato al governo Letta-Alfano.

In molti vengono ad ascoltare. C’è Diego Bianchi, in arte Zoro, vero aedo delle sventure del Pd, con la sua telecamera costruisce ogni domenica sera su Raitre una satira sulla settimana del Pd, non a caso il programma si chiama «Gazebo». È tra i fondatori del circolo, metà anni Ottanta, era l’epoca della Fgci di Pietro Folena (a cui successe proprio il candidatissimo segretario Gianni Cuperlo). A suo modo fu un gesto di rivolta intitolare il circolo a un vivente, regista e per niente comunista. Ci sono giovani deputati lettiani come Marco Meloni e Anna Ascari, c’è Giuditta Pini, altra giovane turca modenese poco più che ventenne, che al primo giorno di parlamento ha esibito (brevemente, va detto) una falce e martello nel rever della giacca. Ieri mattina è stata convocata dal presidente della Repubblica Napolitano (le sembrava uno scherzo, invece era interessato alla sua tesi di laurea sulla morale comunista). C’è Pippo Civati, che però va via presto.

Il confronto fra coetanei fila via liscio, persino quando Davide Sassoli, che arriva in veste di «saggio consultatore» annuncia che la scelta del gruppo intercorrentizio che per tutto il giorno ha lavorato a trovare un reggente, è caduta sull’ex segretario Cgil Guglielmo Epifani. Non precisamente l’emblema del rinnovamento. I ragazzi incassano senza fare un plisset anche la lezioncina del candidato sconfitto alle primarie di Roma sul fatto che «non possiamo permetterci che il governo delle larghe intese fallisca». Lì tutti la pensano al contrario, ma i giovani dissidenti sono parecchio democratici e composti: si limitano a dissentire con la testa. Domani si presenteranno al padiglione della Fiera di Roma con una maglietta: «Siamo più di 101», ce l’hanno con i 101 franchi tiratori che hanno tirato giù Prodi. Ma promettono che non faranno casino.

Fra la sede del Nazareno e la camera c’è invece c’è il Pd che cerca lna toppa alle disgrazie autoinflitte al Pd dal suo gruppo dirigente. Dopo due giorni di consultazioni e fugoni dei tanti candidati che ora si preparano al congresso di ottobre, quello vero (Cuperlo annuncia che ci sarà), gli sherpa (i vicepresidente dell’assemblea Sereni e Scalfarotto, i capigruppo delle camere Zanda e Speranza, il capogruppo all’europarlamento Sassoli e il coordinatore dei segretari regionali Amendola) scelgono Epifani. È il candidato della prima ora dell’ex leader, che crede di aver trovato l’ennesimo coperchio per la pentola che bolle. Una scelta «in totale continuità con il gruppo dirigente precedente», dichiara sconsolato Civati. « Potrà essere un ottimo segretario, anche per la sua attenzione alle tematiche del lavoro e alle questioni sociali», commenta il portavoce di Bersani Stefano Di Traglia. Lui, Epifani, fa gli scongiuri contro il franco tiratore. È l’uomo-tregua. Non lo voteranno tutti. Ma Bersani respira, scampato il pericolo immediato di un’altra rivolta: «Il partito non è così caotico». Ma da oggi si prepara il congresso di ottobre. Lo scontro interno è solo rimandato.