72 vittime con Covid-19 e 270 nuovi casi positivi registrati nelle ultime 24 ore. Il numero totale dei decessi arriva a 33.846 e quello dei casi positivi a 234.801. I numeri del giorno sono tutto sommato incoraggianti, anche se non si discostano molto da quelli precedenti.

PER UNA VOLTA, anche dalla Lombardia giungono segnali positivi. La regione ospita ancora oltre la metà dei casi (142 ieri) e quasi il 40% delle vittime (27) di tutta Italia. Ma i test effettuati sono stati quasi 14 mila, perciò il rapporto tra nuovi casi e tamponi effettuati scende dal 2 all’1%. Questo indice permette di capire se i test sono disponibili anche per chi ha solo un dubbio di avere il Covid-19. Nei momenti peggiori dell’epidemia, in cui i test non bastavano nemmeno per le persone con i sintomi della polmonite (figurarsi per asintomatici o per i contatti dei malati), il rapporto tra casi e tamponi era di circa il 50%: ogni due test, uno risultava positivo.
Il quadro di oggi appare dunque più sereno anche dal punto di vista del monitoraggio.

A CONFERMARLO sono anche i dati della cabina di regia del Ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità che ieri hanno consegnato il settimanale rapporto sul rischio delle regioni. «Complessivamente il quadro generale della trasmissione e dell’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 in Italia è favorevole con una generale diminuzione nel numero di casi ed una assenza di segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali», scrivono i tecnici, che però avvertono che il rischio non è ancora azzerato. «In quasi tutta la Penisola, inoltre, sono documentati focolai di trasmissione attivi. Tale riscontro, che in gran parte è dovuto alla intensa attività di screening e indagine dei casi con identificazione e monitoraggio dei contatti stretti, evidenzia tuttavia come l’epidemia in Italia di Covid-19 non sia conclusa». L’indice di trasmissione Rt è sceso sotto il valore 1 per tutte le regioni, il rapporto conclude che «è necessario mantenere elevata la resilienza dei servizi territoriali» per favorire la consapevolezza della popolazione, la ricerca dei casi e l’isolamento anche dei contatti stretti. «Restano differenze a livello regionale ma la capacità di risposta è globalmente migliorata» dice il direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza. «I piccoli focolai ci dicono che dobbiamo mantenere alta la guardia e le misure di distanziamento sociale».

IN EFFETTI, i focolai di portata minore continuano ad accendersi anche fuori dalla Lombardia. Ieri intorno alla clinica San Raffaele di Roma (una delle strutture sanitarie private che fanno capo all’imprenditore ed ex-senatore di Forza Italia Antonio Angelucci) è stato chiuso un cordone sanitario dopo la segnalazione di 32 casi positivi, di cui uno deceduto. Secondo l’assessore regionale alla sanità Alessio D’Amato «dal quadro fornito dalla Asl Roma 3 emerge un possibile caso indice tra gli operatori e ci aspettiamo un ulteriore incremento dei casi». Un’indagine epidemiologica riguarderà anche lo European Hospital, da cui provengono alcuni dei pazienti positivi al San Raffaele. Comprensibile la preoccupazione dei parenti dei degenti.

IL SAN RAFFAELE è specializzato in terapie riabilitative, per cui ospita molti anziani non autosufficienti. «Avrebbero potuto avvertirci, del focolaio abbiamo saputo dai notiziari», spiega la parente di uno di loro, che racconta di un ospedale generalmente attento alle procedure e inaccessibile alle visite già da settimane tranne rare eccezioni: «Qualche primario e infermieri senza mascherina li ho visti, ma non nei reparti. A chi entra viene chiesto un tampone negativo». Ospedali e Rsa rimangono in ogni caso luoghi ad alto rischio: anche se la percentuale degli operatori sanitari tra i contagiati è scesa per la prima volta sotto il 10%, oltre la metà delle infezioni avviene nelle strutture sanitarie secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità.