Frammentati come sono da una luce stroboscopica rosso forte, i contorni dei corpi/volti di una ragazza e di un asino si distinguono a mala pena uno dall’altro. La musica pulsante comunica un senso di catastrofe incombente. Il numero finisce, le luci di sala si riaccendono e la realtà si ricompone di fronte alla platea di un circo. Tutti battono le mani appagati. EO, l’asino, e Kasandra, la ragazza, hanno un legame speciale, che sembra posizionarli altrove rispetto alla crudezza della vita quotidiana nella troupe itinerante, e che viene infranto quando una protesta di ambientalisti fa sì che le autorità locali sequestrino tutti gli animali del circo.

PER EO è l’inizio di un viaggio verso l’ignoto che lo porterà da stalle di allevamento per purosangue, a isolate fattorie, a un campeggio di bambini down, a perdersi in foreste che sembrano popolate da alieni, ai bordi di un campo di calcio e a una villa italiana dove sta Isabelle Huppert. Parte vittima, parte attore dei suoi spostamenti l’asino «incontra» imponenti momenti della natura e manifestazioni (non particolarmente edificanti) di varia umanità.
Il grande precedente del nuovo lungometraggio (il venticinquesimo) di Jerzy Skolimowski, in concorso a Cannes 2022, è, ovvio, Au Hazard Balthazar, uno dei pochi film – disse il regista polacco – che lo aveva fatto piangere. Ma Skolimowski stravolge in chiave sperimentale sia la dosatissima forma sia il punto di vista bressoniani. EO è una declinazione New American Cinema di Au Hazard Balthazar, con un tocco di Okja e del Cow di Andrea Arnold.

A PARTIRE dal numero con Kasandra, la realtà di quello che succede è infatti quasi sempre filtrata attraverso la percezione dell’asino – quindi deformata, emotivizzata, alzata a livelli decibel impossibili, occasionalmente sintetizzata in immagini astratte (Skolimowski ci ricorda qui che è anche pittore) o virata , via filtro, in sfumature extraterrestri, per un effetto di manipolazione dei sensi e degli affetti che a tratti funziona a tratti ti scaraventa fuori dal film. Skolimowski, e la sua co-sceneggiatrice coproduttrice abituale, Ewa Piaskowska, riservano l’umorismo notoriamente feroce del regista agli umani – che ci vengono presentati in gradazioni di crudeli (l’attendente del circo), grassi ubriachi e violenti (la scena della partita di calcio seguita da un pestaggio a sangue in cui viene coinvolto anche EO) e, anche quando non sono orribili, generalmente un po’ ottusi come l’autista del tir che trasporta EO in Italia o il figliol prodigo che lo consegna al castello di Huppert.