Thanks for hurting me, titolo tra i più attesi del festival Exister diretto da Annamaria Onetti, ha visto in settimana il ritorno in città di Enzo Cosimi dopo il focus a lui dedicato in ottobre da MilanOltre. Ed è sempre emozionante lasciarsi coinvolgere dalla lettura del mondo del coreografo romano, classe 1958, tra i nostri maggiori e più acuti autori contemporanei. Questa volta a essere in scena, anzi a interpretare nonché a essere partecipi della scrittura coreografica del pezzo, sono tre donne che con Cosimi hanno percorso molte tappe del loro affondo nella danza: Paola Lattanzi, Elisabetta Di Terlizzi e la più giovane delle tre, Alice Raffaelli. Non citiamo la differente età senza motivo: ognuna delle tre ha una sua forza espressiva folgorante, un’intimità esibita, priva di nascondimenti, un essere in scena con il proprio sguardo diverso sulle cose, eppure fortemente condiviso nel passaggio generazionale.

Thanks for hurting me, «Grazie per avermi fatto male» sottotitolo Kafka. Un tributo postumo, è la terza tappa del progetto di Cosimi Sulle passioni dell’anima. Il tema del trio, in scena al Franco Parenti, è il dolore come esperienza emozionale e sensoriale, qualcosa – si legge nel programma di sala «che abbiamo imparato a consumare, senza essere in grado di prendercene cura». Uno spazio bianco, che crea continuità tra pavimento e parete di fondo fa da scenario atemporale del pezzo. Le tre interpreti arrivano una dopo l’altra, reggiseno indossato a metà, mutande, trucco acceso sugli occhi. Il loro incedere è spezzato, possiede nel moto femminile frammentato per accenti aguzzi quella «dolcezza feroce» che serpeggia nello spettacolo.

«Sono quello che sono. Sono quello che voglio. Sono una sposa di nessuno. Nemmeno il silenzio mi vuole» – dice a un certo punto al microfono Di Terlizzi. Nelle tre riconosciamo quell’eroismo dolente e focoso, quella fiera resistenza che abita in forme diverse da sempre il segno di Cosimi. Qui svetta nella scrittura coreografica, nelle linee graffianti della danza, nella capacità delle tre di mettere in condivisione la propria voce interiore con il corpo e da qui con il pubblico. La drammatizzazione del gesto negli intrecci della danza non è perciò mai estetizzante unisono ma trittico coreografico di voci e corpi e moti singoli che nel mostrarsi in contemporanea azione amplificano la sfaccettatura del dolore, esperienza che Cosimi non anestetizza ma lascia respirare nella danza, nel nudo, nella scelta dei costumi.

Si ritrovano così anche gli abiti neri di un pezzo chiave di Cosimi come fu Sciame del 1987, abitato da un’energia dirompente, destrutturante, con le tre che battono i piedi marcando la terra, una danza che trasforma in visione il dolore evidenziandone la potenza. Corse voraci, cadute a terra, note di fisarmonica, e infine videoproiezioni di volti, folle in attesa che guardano verso di noi lasciando che il dolore trasmigri dalla scena alla platea con silenzioso tocco. Un trio da vedere: prossima data il 26 gennaio ai Teatro Cantiere Florida di Firenze.