Avevamo lasciato Tairo tredicenne nella famiglia di circensi di San Basilio a Roma nel film «La Pivellina» dove insegnava alla piccolina lasciata dalla mamma che prima o poi sarebbe tornata a riprenderla, i primi insegnamenti fondamentali («di’ forza Juve» «No»). Era un film di cui non si può dimenticare il clima sorprendente. Proprio come uno spettacolo del circo, ma senza tanti lustrini e marce dei gladiatori.
Tairo Caroli, il più giovane domatore al mondo (come veniva presentato, sedicenne, al circo Orfei), ritorna ora appena ventenne in «Mister Universo» il film di Tizza Covi e Reiner Frimmel nelle sale il 9 marzo grazie alla nuova Tycoon Distribution. In pochi gesti, in apertura, ecco presentato il personaggio con l’abito di scena, la spuma da passare sui capelli mentre sul televisore scorrono le scene del «Padrino» che sembra conoscere a memoria. Poi inaspettato, si passa sul petto e bacia un ferro piegato come un amuleto, poco prima di entrare nella gabbia dei leoni e delle tigri che sono i suoi migliori amici insieme alla contorsionista Wendy.
Il film racconta il fuori scena, incanta anche senza spettacolo, là dove la vita scorre tra le roulotte, il pasto delle fiere, smontare e rimontare, il lavoro continuo anche se non c’è spettacolo, il fango da attraversare e le impeccabili mises da indossare, il forte tessuto familiare. E anche i drammi, come il furto del ferro portafortuna, donato a Tairo quando aveva cinque anni dal famoso Mister Universo del 1957. Era stato quello il più importante titolo conquistato da Arthur Ronin, proveniente dalla Guadalupa, il primo «Black Hercules» ora ultraottantenne ancora in allenamento, che vive con la bella moglie austriaca che si unì al circo ventenne e diventò sua partner negli spettacoli.
Nel film si avverte la grande distanza tra i valori contemporanei e quelli espressi dalla società del Circo, chiusa come un eccentrico paese, ma aperta all’esterno: il culto della forza, i legami familiari, la superstizione elaborata, l’affettuoso accudimento e il dialogo con le bestie, siano esse tigri reali, pappagalli, scimpanzé o pony. Così come gli Ercoli dei Peplum raccontano un mondo finito, anche il circo sembra essere in pericolo, come quelle tigri che si ammalano e invecchiano. Ma vediamo come la tradizione, a dispetto di tutto, continua e si tramanda. «Forse è un mondo che sta sparendo e forse no, dice Tizza Covi. Ci sono tanti circhi che continuano a lavorare, oggi sono almeno trecento le famiglie al lavoro e i tendoni si riempiono. Gli artisti lavorano sempre tant’è vero che i nostri non riescono mai a venire alle prime e neanche alle premiazioni, come fu a Locarno. Questo dimostra che la gente ha bisogno dello spettacolo dal vivo».
La scelta degli attori?
Non facciamo casting. Noi conosciamo da anni queste persone, com’erano e come sono diventate, quindi scriviamo storie che hanno a che fare con loro. Tairo nella Pivellina faceva una piccola parte, era bravissimo, gli avevamo promesso di farlo recitare in un film. Aveva un lavoro pericoloso, lui è un tipo che provoca, dice cose sbagliate al momento giusto, è molto disinvolto, sa come stare davanti alla macchina da presa come davanti al pubblico.
La sceneggiatura è scritta precisamente, poi nei dialoghi gli attori sono liberi, facciamo in modo che non si preparino troppo, così che i primi ciak sono i più forti. Giriamo con la Aaton 16 mm, tutto è ben preparato (il film è dedicato ai lavoratori della pellicola rimasti disoccupati con l’avvento del digitale, ndr). Con la pellicola giusta non abbiamo neanche bisogno di mettere le luci. Questo ci aiuta a restare concentrati.
«Mister Universo» chiude la trilogia del circo, il secondo film non è mai stato distribuito in Italia anche se è andato molto bene (Orso d’argento a Berlino ndr), si intitola Der Glanz des Tages (Lo splendore del giorno) dove si confrontano due personaggi, uno che ha vissuto nel circo e l’altro che lo ha vissuto solo nella fantasia. Ora ci occuperemo di altri soggetti, stiamo lavorando su vecchi criminali viennesi che si incontrano e parlano dei bei tempi andati, quando c’era un certo romanticismo. Quello che ci interessa è come si vive ai giorni nostri, sia al circo, a Roma o a Vienna.
Cosa dire di Arthur Robin «Mister Universo»?
Lui non deve condividere il suo passato con nessuno, è un uomo di un’altra epoca, con caratteristiche che adoro. A Guadalupe si esercitava coi sassi, poi nel ’57 è diventato Mister Universo, titolo che nel ’70 fu di Arnold Schwarzenegger, ha conquistato diversi tittoli a Parigi, faceva spettacoli in America, ha ideato lo spettacolo di cui si parla nel film dove spezzava catene, piegava il ferro e riusciva a far cadere a terra con una mano sola dieci uomini che tendevano una corda dalla parte opposta. È una grande star, in Italia ha lavorato con Nando Orfei. Io l’ho visto nel ’98, in uno dei suoi ultimi spettacoli ora cura con la moglie la regia degli spettacoli al Safari Park di Pombia.
Sugli animali feroci, caratteristica principale di un circo, sono nate molte polemiche
Abbiamo fatto l’esperienza che dove gli uomini sono trattati bene, lo sono anche gli animali. È una tradizione antica che presto sarà vietata, quella che si vede nel film è la settima generazione che lavora con gli animali.