«Il taglio di 1 miliardo per città e province rischia di far partire in default questi nuovi enti». Lo ha detto ieri in un’audizione alla Camera sulla legge di Stabilità il presidente dell’Anci, Piero Fassino. «C’è la disponibilità da parte del governo che il fondo crediti di difficile esigibilità non sia più di 1 miliardo e mezzo, ma di 500 milioni in più, con conseguente abbattimento del saldo di patto di stabilità interno», sostiene Fassino. «Questi passi significativi che noi apprezziamo non esauriscono però tutte le questioni da noi poste».«Servono «elementi correttivi» che scongiurino il crac finanziario – continua Fassino -noi non vogliamo né ridurre i servizi né aumentare il prelievo fiscale». Il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino ha sottolineato che senza un percorso »condiviso che consenta di gestire in modo sostenibile i 4 miliardi di tagli» c’è il rischio di un aumento delle imposte locali. «L’unica possibilità per evitare il blocco dell’erogazione dei servizi e l’esubero del personale – sostiene l’Unione delle Province in un documento – è spostare, da subito in Legge di stabilità, quelle funzioni che la Legge Delrio toglie dalla gestione delle Province: formazione professionale, trasporto pubblico locale, centri per l’impiego, cultura, turismo, sociale, agricoltura. Solo concentrando sulle funzioni fondamentali le risorse e il personale necessario a svolgerle, potremo continuare a garantire la manutenzione delle strade, la sicurezza nelle scuole, gli interventi di contrasto al dissesto idrogeologico, l’assistenza ai comuni. Altra soluzione, per evitare il dissesto se non si vuole ridurre il taglio, non c’è».

Durissimo il giudizio dei sindacati sulla manovra. La Cgil prevede un «disastro sociale», la Uil parla di una «crisi irreversibile», la Cisl di «dramma evidente per il Paese». Per il segretario confederale Cgil Danilo Barbi «il governo sta programmando un disastro sociale». La legge di stabilità è «inadeguata e insufficiente in termini di investimenti e politiche di sostegno alla crescita». C’è «l’assenza di qualsiasi disegno e coordinamento tra politiche di sviluppo e politiche per il lavoro». Per Barbi l’esecutivo «scommette su una forte riduzione delle tasse alle imprese» e «sulla svalutazione del lavoro». Bisognerebbe, invece, puntare su «un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile, da finanziare attraverso un’imposta sulle grandi ricchezze finanziarie che con un gettito di circa 10 miliardi di euro l’anno potrebbe garantire oltre 740mila nuovi posti di lavoro in tre anni; una nuova politica industriale per l’innovazione e una forte riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro e da pensione».