Fiumi di inchiostro sulla fine del rock – per i giovani destinato al settore vintage a diretto vantaggio di chi ne ha raccolto il testimone, seppur in un ambito completamente opposto, come il rap. Ensi che tra i freestyler italiani è considerato un caposcuola, ci va un po’ più cauto: «Indubbiamente la mia generazione è stata meno influenzata dal rock ed è vero che se il rap è arrivato a questi livelli di riconoscibilità e di successo è per suo merito e non per demerito di altri generi musicali. Però è chiaro che almeno in Italia, e dal vivo, il rap quei numeri non li fa ancora: arriva Ligabue o un grosso big dall’estero e mette tutti al loro posto..».
Ensi pubblica il primo settembre V (Warner Bros) anticipato nelle scorse settimane dal brano Mezcal. Registrato presso il Red Bull Studio Mobile, prende il nome da Vincent, suo figlio e da Vella, il suo cognome «vero». Ma può significare anche Vendetta oppure il numero romano, perché questo è il suo quinto lavoro.

Definisci il tuo stile «non motivato dalle sfumature». Hai sempre trovato la maggiore ispirazione negli estremi, nella sofferenza quanto nella felicità.
Non è un metodo semplice, mi ha aiutato il mio amico Samuel dei Subsonica spiegandomi che per fare questo mestiere bisogna sempre un po’ sporcarsi. Se non vivi, se non soffri e non la estremizzi, è difficile che ti esca la vena poetica. Il mio rap è basato tutto su questo, sulla profondità dei concetti.

Chi sono i «Ribelli senza causa» che intitolano il pezzo che apre il disco?
In realtà è ripreso dalla traduzione letterale di Gioventù bruciata, ovvero Ribelli senza una ragione. Parto dall’adolescenza per arrivare all’età adulta, prima dico che volevamo spaccare il mondo ma poi il mondo si è presentato nella forma più cruda. Ho visto il tempo far fuori i fuoriclasse, ho visto molti miei amici non riuscire a realizzare i propri sogni. Da questo punto di vista mi sento un privilegiato, faccio quello che mi piace. I ribelli senza causa siamo noi, quando da adolescenti non abbiamo chiaro l’obiettivo che vogliamo raggiungere.

La parte musicale di «V» è ricca e vede diverse collaborazioni con il Cile, Clementino, Luché e Gemitaiz &MadMan.
Non è stato semplice perché il suono del rap si aggiorna ed evolve in continuazione, diventa quasi una sorta di passaggio del testimone. Per me sono stati fondamentali i dischi dei Club Dogo e dei Sangue Misto, molti nuovi rapper apprezzano il mio lavoro passato.

In «Tutto il mondo è un quartiere» parli di un tempo in cui non ci sono più confini, un dato di fatto che in molti fingono di non vedere. E infatti si alzano muri e si inaspriscono le tensioni sociali…
Ho avuto la fortuna di viaggiare molto, un po’ per lavoro un po’ per passione e quando ti muovi verso altri luoghi ti accorgi di come la chiusura mentale è propria di chi non ha varcato i confini in generale, perché c’è da imparare da qualsiasi cultura. Oggi vivo a Milano in un quartiere molto chiacchierato in quel melting pot – quasi una casbah – che parte da piazzale Loreto e percorre via Padova. Vivo lì da otto anni e non posso fare a meno di smentire molti luoghi comuni: se esiste la cosiddetta «malacarne» non è una questione di razza: la delinquenza non ha colori. C’è invece la volontà di mantenere una sorta di strategia della paura. Nel testo dico «io vivo nel mio quartiere ci sono più bandiere di uno stadio ai mondiali», perché non ho mai avuto problemi di sorta. Non dico che alle tre del mattino se la mia ragazza cammina da sola a via Padova non rischia nulla, ma credo che nelle società bisogna fare i conti con le persone e non le razze o le culture. Ci sono i personaggi, c’è «malacarne» italiana «malacarne» straniera, ovviamente la cosa si accentua quando sono in corso – come nell’ultima decade, una immigrazione fortissima. Non posso però fare a meno di essere ottimista perché mio figlio avrà tra i suoi compagni italiani, ma anche immigrati di seconda generazione che parleranno italiano avranno occhi a mandorla o la pelle scura. Dal confronto tra le culture e le persone nascono le cose importanti, nascono le rivoluzioni delle idee.