«Un’immensa casa cosmica si trova in potenza in ogni sogno di casa. Dal suo centro si irradiano i venti, dalle sue finestre volano via i gabbiani. Una casa a tal punto dinamica permette al poeta di abitare l’universo o, per dirla in altro modo, l’universo viene ad abitare la sua casa.» L’immagine appartiene a La poétique de l’espace del filosofo francese Gaston Bachelard e si irradia in uno degli spettacoli più toccanti in tournée in Italia: Now di Carolyn Carlson. Debutto nazionale al Valli di Reggio Emilia venerdì scorso per il Festival Aperto, tappa successiva all’Alighieri di Ravenna, Now approda stasera e domani al teatro degli Arcimboldi di Milano per la stagione di danza dei Pomeriggi Musicali.
«Now è l’essere qui e ora, – ha spiegato Carlson a Reggio Emilia -, Now è la danza, un’arte fatta di gesti in movimento che esistono nell’attimo in cui appaiono per scomparire e rinascere in altro. Quando a Parigi cammino per le strade o prendo la metropolitana, osservo le persone. La gente è sempre più concentrata sui propri smartphone, non guarda più cosa ci circonda, la città, la natura, si perde il contatto diretto. Now è un richiamo perché ognuno si prenda il tempo per essere nel presente. Il libro di Gaston Bachelard mi ha ispirato un viaggio che dalla famiglia e dalla casa si apre alla natura, dal microcosmo al macrocosmo, per poi tornare alla casa».

Poesia e spazio sono due termini che appartengono a Carolyn Carlson da sempre. Questa straordinaria danzatrice, coreografa e pedagoga, nonché poetessa e pittrice, che ha formato anche in Italia un folto numero di danzatori, dopo nove anni di direzione del Centre Chorégraphique National de Roubaix-Nord Pas de Calais in Francia, ha riformato a Parigi una nuova compagnia, che risiede al Théâtre National de Chaillot. I danzatori che la compongono, di cui tre italiani, Riccardo Meneghini, Sara Orselli, Sara Simeoni, un finlandese, Juha Marsalo, un americano, Constantine Baecher, un giapponese, Yutaka Nakata, una francese, Céline Maufroid, sono cresciuti con Carolyn, nutriti dal gusto per il dialogo costante tra coreografo e interprete secondo il metodo che dalle improvvisazioni personali procede verso la composizione dello spettacolo.

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Now è un viaggio onirico, a partire dalla prima immagine, una casa bianca, innevata, sul fondo della scena. Quasi una fotografia, tanto è realistica, che risveglia in chi guarda ricordi di case amate, abbandonate, lontane o ancora vissute. Case di cui conosciamo tutto, ogni scricchiolio, ogni segreto. Si accendono in scena alcune luci, qualcuno appare dietro le finestre. Una ragazza entra da una quinta, tenendo in mano una porta. «Non ho una finestra – dice -, non ho belle stanze, non ho dei muri, ho solo questa porta…» La danza si intreccia ai testi recitati dal vivo dai danzatori, in particolare da Juha Marsalo, un interprete di coinvolgente spessore attoriale, «è così che costruisco una casa, con dei muri spessi, sarà una casa grande, per la mia famiglia, una casa in cui tutti si sentiranno bene, al riparo, felici…». Pervade lo spettacolo, l’idea del rifugio, del nido da cui si parte per andare alla ricerca di una dimensione più grande. Porte, scale, case appaiono nelle visionarie proiezioni sullo sfondo, mentre si danza il sogno, in bilico tra utopia e verità, di sentirsi al sicuro in un luogo che appartiene alla nostra infanzia. La coreografia è magnetica, mai enfatica, portavoce di un vissuto intimo che si rivela.

C’è chi disegna per terra la propria casa rifugio, tracciandone i confini con lo scotch, chi invece appare, in abito bianco, con la testa penzoloni tra le spalle del vestito, tenute alte da una gruccia, in mano una casetta giocattolo. Ma dalla casa, prima o poi si esce, è nella storia dell’uomo, ed ecco il giardino, gli alberi, un bosco, la foresta, le stelle, il cielo, la natura e il cosmo.

I quadri sono tantissimi, la danza è un fluire ininterrotto di assoli, di finestre sul femminile e sul maschile, di visioni accompagnate dalla musica originale di René Aubry, collaboratore storico di Carlson dagli anni Ottanta, che ci racconta dell’uomo e della sua storia con ritmi ipnotici, ora gioiosi ora nostalgici. Carlson, anche grazie alle scenografie tra il realistico e il surreale (quasi alla Magritte) di Maxime Ruiz per le foto e i video, e di Benoît Simon, e alle luci di Patrice Besombes, trasforma il palcoscenico in un caleidoscopico viaggio delle emozioni, in cui l’incontro tra intimità e universo, tema cardine della ricerca dell’artista, apre il respiro.
Caldo e lunghissimo l’applauso che ha accolto a Reggio Emilia al debutto Now.