«La crisi ucraina è europea e la risposta deve essere europea»: nel presentare le prime misure decise dal governo per fronteggiare le conseguenze della crisi ucraina Mario Draghi fa chiaramente capire che il grosso deve ancora arrivare. Ma a muoversi ora deve essere l’Unione intera.
Per ora il governo interviene come può, mettendo in campo 4,4 miliardi ma evitando di fare nuovo debito con lo scostamento di bilancio: «Gran parte degli interventi di oggi non sono finanziati dal bilancio pubblico. Tassiamo una parte dei profitti che i produttori stanno facendo grazie all’aumento dei costi delle materie prime».

La tassazione degli extraprofitti delle aziende del comparto energetico dovrebbe essere del 10% e servirà a finanziare il taglio di 25 centesimi al litro su tutti i carburanti, il più alto tra quelli stabiliti sinora dai governi europei. Lo sconto è limitato nel tempo: fino alla fine di aprile, poi si vedrà. Le cose cambiano in fretta, con una volatilità simile, spiega il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, prendere decisioni a lungo termine «potrebbe essere persino controproducente».

LA RATEIZZAZIONE delle bollette, già fissata in 10 rate, passa a 24 rate per le bollette di maggio e giugno. Le imprese non «energivore» la cui spesa per l’energia sia aumentata del 30% rispetto al 2019 saranno sostenute anche con la proroga del credito d’imposta. Quelle ad alto consumo di energia che già usufruiscono del credito lo vedranno aumentato e potranno cedere lo stesso credito due volte, solo a favore di banche e istituti finanziari.

Si allarga inoltre la platea delle fasce più svantaggiate, quelle che disporranno del bonus sociale per congelare le bollette al livello dell’anno scorso: con il tetto Isee portato a un reddito annuo di 12mila euro si arriverà a 5,2 milioni di famiglie rispetto agli attuali 4 milioni. Per l’autotrasporto ci sono 20 milioni di euro per ridurre i pedaggi e un fondo per il sostegno al settore come anche a pesca e agricoltura. I buoni benzina distribuiti dalle aziende saranno esentasse fino a 200 euro e saranno aumentati i poteri di controllo sui prezzi, per contrastare la speculazione. Su spinta del ministro dello Sviluppo economico Giorgetti sono state poi decise alcune prime misure di potenziamento dell’Ilva, e altre arriveranno nelle prossime settimane, per aumentare la produzione d’acciaio.

NON È ABBASTANZA. «Bisogna difendere il potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto di quelle più vulnerabili, sostenere il tessuto produttivo, proteggere la ripresa», aveva detto Draghi al termine del vertice mattutino dei «Paesi del sud» a Roma, villa Madama, con il presidente spagnolo Pedro Sanchez, il premier portoghese Antonio Costa e quello greco Kyriakos Mitsotakis. Gli interventi decisi ieri sono insufficienti e Draghi lo sa perfettamente. Il vertice di villa Madama è stato organizzato proprio per coordinare un’azione comune nel Consiglio europeo di giovedì prossimo, al quale presenzierà anche il presidente Usa Biden.

L’obiettivo è ottenere subito, già in questo Consiglio, la disponibilità dei Paesi nordici e della Germania a varare eurobond per coprire il «Price Cap», cioè il tetto al prezzo del gas e del petrolio. La Francia non era presente ieri a Roma ma è certamente favorevole alla proposta, lanciata per primo proprio da Emmanuel Macron. La Germania è il principale ostacolo: senza la copertura di Berlino anche le tradizionali resistenze dei Paesi frugali si attenuerebbero di molto.

Giovedì prossimo verrà quindi messo in campo uno «scambio»: la Germania otterrebbe l’assicurazione che verrà comunque evitato l’embargo sul gas e sul petrolio russi, fondamentali per la stessa Germania, sul quale insistono invece non solo Usa e Uk ma anche alcuni Paesi europei. In compenso Berlino darebbe il via libera agli eurobond necessari per calmierare il prezzo di gas e petrolio. Sempre in sede di Consiglio europeo si dovrebbe poi mettere sul tavolo la separazione del prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili, molto più economiche, da quella prodotta dal gas.

IL GOVERNO NON HA per ora affrontato né lo sfoltimento delle autorizzazioni per accelerare il passaggio alle rinnovabili, né la sospensione delle regole che limitano la percentuale di territorio coltivabile né i limiti sull’esportazione delle materia prime. Sono anche quelli, almeno in parte, fronti che dipendono dalla disponibilità europea a rivedere i regolamenti comunitari.