Un percorso rapido per rendersi indipendenti dal gas russo, senza ripiegare su ulteriori fonti fossili, è possibile. Lo ha tracciato il gruppo scientifico Energia per l’Italia, coordinato dal professor emerito dell’Università di Bologna Vincenzo Balzani, ottenendo l’adesione di numerosi scienziati e accademici. Tra i firmatari della proposta, che mira a spingere il governo a cambiare radicalmente strategia energetica, c’è anche il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. Puntando su efficienza e fonti rinnovabili, in otto anni, non solo si raggiungerà l’indipendenza energetica dalla Russia – dicono gli esperti – ma si potrà «procedere spediti verso gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese e autosufficienza energetica». Nell’immediato i settori in cui operare sono quello domestico, dei trasporti e la generazione elettrica.

LE NOSTRE CASE. PER QUANTO CONCERNE IL PRIMO, occorre partire dalla coibentazione degli edifici per procedere poi alla sostituzione delle caldaie a gas «con semplici collettori di calore solare per l’acqua sanitaria» e, per il riscaldamento, dovrebbero essere impiegate pompe di calore (termopompe). Si tratta di «congegni che consumano poca energia elettrica estraendo grandi quantità di calore dall’aria, dall’acqua o dal suolo», si legge nel documento. Dei 29,07 miliardi di metri cubi importati dalla Russia, circa la metà viene impiegato per il soddisfacimento di 3,5 milioni di edifici, a fronte di un totale di 19 milioni di case dotate di caldaia. Si tratta del 18% ed è su questa percentuale che puntano per raggiungere il consumo zero o minimo di gas. Ciascun edificio andrebbe dotato di «cappotto, termopompa, collettore solare e impianto fotovoltaico a tetto». La rivoluzione in ambito domestico sarebbe possibile entro il 2030, ristrutturando 430 mila abitazioni ogni anno.

I TRASPORTI SU STRADA. IN MERITO AI VEICOLI, Energia per l’Italia stima che il 65% del petrolio russo importato venga usato come carburante. Pertanto si calcolano circa 3 milioni di mezzi di trasporto direttamente interessati dall’approvvigionamento russo. Si tratta dell’8% del totale di auto in circolazione, circa 38 milioni. Attualmente – scrivono gli scienziati – i veicoli elettrici a batteria acquistati ogni anno sono circa 60 mila, ovvero il 4% delle vendite che raggiungono quota 1 milione 500 mila. Per fare a meno del gas russo, senza ricorrere a gas di altra provenienza, si dovrebbe incrementare il numero delle vendite annuali di veicoli elettrici a batteria portandolo a 350 mila, ovvero a un quarto del totale delle auto vendute. La corrente rinnovabile per alimentare i mezzi dovrebbe essere prodotta direttamente dai proprietari attraverso gli impianti fotovoltaici domestici. «Le nostre stime – scrive il gruppo scientifico – sono in questo caso compatibili con quelle del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), che punta a 4 milioni di veicoli elettrici a batteria entro il 2030. Tutto questo senza considerare il contributo che verrebbe dal potenziamento del trasporto pubblico e dal rinnovo del parco ferroviario del trasporto pubblico regionale mediante acquisto di nuovi treni elettrici, già in parte previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)».

GENERAZIONE ELETTRICA. LE ALTERNATIVE al carbone individuate da Energia per l’Italia sono vento, sole e accumulo. «Il gas e il carbone russo concorrono per circa il 19% alla produzione elettrica nazionale, corrispondenti a circa 53 TWh (terawattora) sui 278 totali (importazioni escluse) – spiegano nella proposta – oggi le rinnovabili generano circa 113 TWh di cui circa 50 idroelettrici non incrementabili, e quindi l’incremento necessario sarà a carico dei settori solare ed eolico».

PER SPEGNERE LE CENTRALI DIPENDENTI DA GAS e carbone russi occorre raddoppiare la potenza installata. Si raggiungerà così il 66% di elettricità prodotta da rinnovabili, includendo i consumi delle abitazioni e dei veicoli elettrici a batteria. Gli interventi di ammodernamento della rete sono già stati previsti nel Pnrr. Ad oggi, comunque, è già – secondo gli scienziati – «pronta per gestire il trasporto e la distribuzione di nuova potenza rinnovabile installata». Con il programma messo a punto da Energia per l’Italia, gli scienziati assicurano di raggiungere una riduzione di circa 27,5 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, di cui 16 milioni sono da riferirsi al settore elettrico, 4,5 milioni ai veicoli e 6,9 milioni alle abitazioni. «In conclusione l’attuale dipendenza grave dell’Italia dalle fonti fossili russe – si legge nella proposta – potrebbe essere eliminata o drasticamente ridotta entro otto anni o meno attivando subito un piano di emergenza energetica e climatica che trasformi radicalmente la condizione energetica del Paese entro la fine del decennio, con 3,5 milioni di case coibentate e senza più caldaie, 3 milioni di nuove auto elettriche a batteria al posto di altrettante a petrolio, e due terzi della corrente elettrica prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030».

RESTANO FUORI DALLA PROPOSTA SIA IL NUCLEARE sia le biomasse. Nel primo caso, chiariscono in una nota, l’esclusione non è motivata soltanto dalle pesanti controindicazioni ambientali e di sicurezza, ma anche dagli stessi tempi di realizzazione, molto più lunghi rispetto alla prospettiva imminente di rivoluzionare l’approvvigionamento energetico del Paese. Per quanto concerne le biomasse, «si tratta – dicono – di un settore quasi completamente dipendente dalle sovvenzioni che non deve crescere perché riteniamo indispensabile che alberi e boschi aumentino di numero e coprano ulteriori superfici, senza prelievi che non siano quelli sostenibili e limitati agli usi locali».

NEGLI ULTIMI GIORNI IL GRUPPO SCIENTIFICO si è anche espresso in merito ai Sussidi ambientalmente dannosi, destinati alle fonti fossili. La richiesta al governo è che tagli progressivamente i finanziamenti, pari a 35,49 miliardi di euro, e li destini ad attività sostenibili e di welfare.