Qualche blanda consolazione per le facce lunghe dei dirigenti di Izquierda Unida e Podemos dietro Pablo Iglesias ieri notte la ricevevano dalle periferie. In Euskadi (Paesi Bassi), hanno ottenuto il superamento storico dei nazionalisti di destra del Pnv, anche in seggi, un risultato a cui si erano solo avvicinati a dicembre per una manciata di voti.

Ma soprattutto è la Catalogna che si conferma una delle roccaforti della coalizione di sinistra. Anche a dicembre erano stati una delle eccezioni dove la convergenza era stata possibile – En comú podem già univa molte anime della multiforme sinistra catalana, dai rossoverdi di Icv, a Podemos, a Izquierda Unida e soprattutto il movimento di Ada Colau.

Domenica hanno confermato di essere la prima forza (ottenendo 12 dei 47 seggi in palio, con sostanzialmente la stessa percentuale di voti: poco meno del 25%). Ma gli indipendentisti di Esquerra Republicana (che ottiene gli stessi 9 deputati che a dicembre), cresce, e li insegue da vicino (passando da 600 a 622mila voti), soprattutto confermando di essere il partito egemonico dell’indipendentismo a fronte dei moderati di destra di Convergència (che esprime il presidente della comunità, Carles Puigdemont). Convergència mantiene i suoi 8 deputati, anche se cala di un punto percentuale (fino al 14%).

Sorprendentemente, nonostante lo scandalo che coinvolge il suo capolista in questa comunità, l’attuale ministro degli interni Fernández Díaz, il Pp cresce, passando da 5 a 6 deputati (e dall’11 al 13%).

I socialisti, benché guadagnino qualche voto, perdono un deputato (passano a 7, con il 16% dei voti) e Ciudadanos mantiene i suoi 5 deputati.

La vittoria in Catalogna dimostra che Ada Colau è ancora una leader molto forte, e che la nuova proposta politica che rompe l’egemonia a sinistra del Partito socialista catalano è solida. Pablo Iglesias non potrà certo prescindere dell’appoggio della sua marca catalana; in altre parole, Podemos non potrà rinunciare facilmente al referendum di autodeterminazione che ha promesso.