Un breve flashback: un monaco e un ragazzino parlano. Quest’ultimo accetta di uccidere qualcuno. Poi, schermo nero. Titoli di testa. Una scritta alla Star wars recita: «Anno 42 dopo la guerra dei soli. La repubblica democratica del Nord e la federazione popolare del Sud si fronteggiano in un mondo semidistrutto. Popoli senza terra migrano tra i deserti. Le antiche metropoli sono villaggi caotici dove l’umanità si ricicla e sogna di sopravvivere. La flora e la fauna sono allo stremo. La polvere è ovunque».

NON SI TRATTA DELL’INIZIO di un film, ma dell’incipit dell’ultimo romanzo di Matteo Meschiari, Neghentopia (Exòrma, pp. 163, euro 16,50). Il testo, del resto, è strutturato quasi come una vera e propria sceneggiatura con descrizioni particolareggiate degli ambienti e dei paesaggi, dialoghi tra i personaggi, a volte indicazioni dei movimenti di macchina. In determinati momenti sono suggerite addirittura le musiche. Eppure ci sono degli elementi fortemente stranianti, atipici per una usuale sceneggiatura. Innanzitutto, spesso l’autore interviene per dirci cosa proviamo, quali sentimenti si scatenano in chi legge. Non indicazioni del tipo «a questo punto il pubblico dovrebbe sentire un’emozione indefinibile» ma «la cosa ci provoca un’emozione indefinibile».

CONSTATAZIONI QUASI, o comandi impartiti al lettore che provocano un senso di costrizione, di fastidio quasi, addirittura di ribellione. E poi ci sono le descrizioni dei luoghi, dei paesaggi che per quanto particolareggiate – o forse anche per questo – acquistano un carattere fortemente connotativo, e non solo nel senso di suscitare emozioni ma perché sembrano quasi raccontare un’altra storia, parallela e sotterranea rispetto a quella principale e che spesso pare emergere quando entrano in scena gli animali.
La storia segue il pellegrinaggio di Lucius, il ragazzo della scena iniziale, killer a pagamento appartenente alla casta degli uccelli, che si aggira con il suo passero in uno scenario post-apocalittico portando a termine i contratti che via via gli vengono proposti. Il suo viaggio lo porterà fino a Neghentopia dove dovrà uccidere il vicecomandante Ang, il padrone del mondo. Lucius è un assassino senza memoria, ogni volta dimentica quello che ha fatto e deve fidarsi di quello che gli racconta il suo passero. È inoltre costantemente inseguito da una bestia mostruosa che forse è parte di lui.

A PRIMA VISTA INSCRIVIBILE a pieno titolo all’interno del genere della fantascienza postapocalittica, Neghentopia in realtà si rivela un libro più sfuggente e complicato. E non solo per il discorso politico chiaramente sotteso, ovvero la critica radicale a un sistema che in nome della crescita infinita arriva alla totale autodistruzione dell’umanità, indifferente verso le generazioni future, l’ambiente, la vita.
Del resto, qualunque opera appartenente al genere si è sempre caratterizzata, fin da La macchina del tempo di H. G. Wells, per gli elementi di critica al sistema sociopolitico vigente. Matteo Meschiari, in realtà, è riuscito a condensare nella sua opera, davvero dark nel senso più letterale della parola, elementi simbolici – basti pensare alla figura del protagonista, un ragazzino o alla sua mancanza di memoria – spunti di riflessione, approfondimenti, suggerimenti su eventuali vie di uscita subito stroncati (si pensi alla favola dei passeri). Insomma, un testo che per la sua densità fa venire in mente opere davvero difficilmente inquadrabili all’interno di un genere come Dissipatio H. G. di Guido Morselli o Il seme dell’uomo di Marco Ferreri.

IL TUTTO INQUADRATO da una scrittura piena di rimandi e citazioni, da Agamben a Mad Max, da La strada di Cormac McCarthy a Tarkovskij, solo per nominarne alcuni. E che sembra non aprirsi mai alla speranza. Anche se le splendide tavole di Rocco Lombardi, che arricchiscono il libro dialogando intimamente con il testo scritto, grazie a quelle figure e a quei paesaggi costruiti da lampi di luce che squarciano il nero, appaiono quasi come lampi di speranza.
Così come la stessa parola del titolo, Neghentopia, secondo quanto afferma Matteo Musciari «è la fusione di ’neghentropia’ e ’utopia’. Un luogo dove l’entropia e la negatività del mondo subiscono inspiegabilmente un’inversione di segno». In ogni caso, qualcosa si sta muovendo a seguito dell’uscita del libro: in febbraio si è tenuto a Palermo, all’ex Facoltà di Lettere, il primo incontro del laboratorio autogestito Neghentopia Lab che si propone di avviare una discussione su strategie di controllo e tattiche di resistenza. Il laboratorio è anche su Facebook.