Felice ritorno di Emmanuelle Seigner al Taormina FilmFest, tornato a una solida direzione artistica, dove l’attrice-cantante francese aveva fatto capolino nelle serate al Timeo, insieme a Roman Polanski, all’indomani dei primi passi nel cinema. Al Festival di Taormina (11-19 luglio), torna a 54 anni come presidente di giuria, trent’anni dopo e dopo quaranta film e due splendidi figli, Morgane e Elvis, 27 e 22 anni, di cui era stata orgogliosa di parlarci a un incontro ai Rendez-vous di Unifrance: «Morgane, che vive a Londra, è attrice e regista, già autrice di due lungometraggi: ha esordito 5 anni fa, nella serie Vikings. Elvis è uno straordinario pianiste-compositore-cantante : già a 5 anni sapeva interpretare Gershwin».

Sorriso dolcissimo, lo sguardo diretto e sicuro, la Seigner, protettiva mère poule (mamma chioccia) come affettuosamente l’hanno definita in Francia, continua a sorprendere il pubblico con le sue disinvolte paillettes osées, dalle abissali fenditure. Ferma nelle sue posizioni e nei suoi giudizi, la sincerità è il suo punto di forza, sia nelle interviste-verità di Numéro che nelle trasmissioncine frivole (ce ne sono anche in Francia) dove talora partecipa per obblighi promozionali dei suoi film, uscendone sempre a testa alta su conduttori insinuanti e faciloni.

Attrice-feticcio di Polanki, di cui è interprete di alcuni dei migliori film, da Frantic a Lunes de fiel e Vénus à la fourrure (che le è valsa la nomination a migliore attrce ai Prix Lumières), la Seigner, ora eroina della serie di TF1 Insoupçonnable, non si è risparmiata contrattacchi combattivi in difesa del marito, più volte nel mirino di accuse fanatiche culminate nella sua esclusione dall’Academy degli Oscar e dalla presidenza dei César e alle proteste contro il meritatissimo César per il recente J’accuse.

Il 30 agosto celebrerete i 31 anni di matrimonio, un bel record nelle coppie-spettacolo.

Abbiamo una relazione karmica. Siamo entrambi di natura gioiosa e luminosa. Anche nei momenti più neri della sua vita, Roman riesce ancora a ridere. È quel che gli ha permesso di sopravvivere a tutto. Niente ci separa : due figli e sei film insieme.

Com’è essere diretta, sul set, dal marito?
Riesco a distinguere in modo naturale tra privato e professionale. A casa, non parliamo mai di lavoro, lavoro cui mi lascio andare con piacere dato che ho a che fare con uno dei più grandi registi al mondo. È sempre più facile lavorare con uno così che con una nullità… E c’è anche un bello spirito di collaborazione: sono io a avergli raccomandato i libri da cui ha tratto Lunes de fiel, cioè il romanzo di Pascal Bruckner, e D’après une histoire vraie, dal romanzo di Delphine de Vigan.
La differenza, tra i film in cui è diretta da Polanski e quelli di altri ? Ne ha tra l’altro girati quattro in Italia, con Monicelli («Il male oscuro»), Salvatores («Nirvana»), Veronesi («Streghe verso nord»), Argento («Giallo»).
La diffenza è forse nello sguardo degli altri, spettatori e critici. Nei film di Roman, il pubblico mi giudica come donna, non come attrice. Sono felice di girare spesso con altri registi: lì finalmente sono giudicata come attrice.

Come vi siete conosciuti?

Durante le riprese del mio film d’esordio, Detective, di Jean-Luc Godard. Ci hanno presentati: Roman stava partendo per girare Pirates. Al ritorno ha voluto iniziare Frantic a Parigi con me e Harrison Ford. Altra epoca. Oggi, le ragazze fanno acrobazie per affermarsi a 20 anni, hanno denti che graffiano il pavimento. Ai miei inizi, fine anni 80, si era più tranquilli.

Che ricordo ha di «Frantic»?

Un impressionante tuffo nel vuoto. Parlavo male l’inglese, avevo appena passato la maturità, nessuna formazione … e, di colpo, mi ritrovo con Harrison Ford – reduce da Indiana Jones, dunque la megastar – in un blockbuster prodotto dalla Warner. Mi hanno spedito a Londra sei mesi per imparare l’inglese, poi negli Usa. Che emozione, che follia : non so se ero ancora pronta. Arrivato tutto così in fretta. Non mi sono resa conto allora della fortuna che ho avuto.

E il dopo «Frantic»?
Sono andata a vivere a Ibiza per quattro anni (risate) Non mi sentivo per nulla una donna in carriera, ero una ragazza, avevo voglia di vivere, di divertirmi: insomma, di avere una vita normale … Ah, quanto mi sono divertita! La Warner mi aveva proposto un contratto per tre film. Ero in copertina su tutti i rotocalchi e i periodici americani. All’epoca, ero l’unica attrice francese con una carriera di calibro internazionale. Ma io non ne avevo voglia. E gli americani, insopportabili …

Aveva comunque iniziato già molto giovane a lavorare: come modella, vero?
Sì, a quattordici anni. Avevo incontrato un fotografo ai Jardins du Luxembourg, mentre accompagnavo mia sorella più giovane, Mathilde, che aveva 7 anni e sarebbe diventata pure lei attrice. Mi son ritrovata in una campagna pubblicitaria per Nina Ricci. Dopo quel servizio fotografico, sono stata richiesta da numerose agenzie di modelle. In realtà, era l’epoca di Brooke Shields, la gente non ne poteva più delle ragazze scheletriche: e capitava proprio che avessi un fisico corrispondente all’aria che tirava. Ero un po’ rotondetta, con grandi sopracciglia. Inoltre mi piaceva scherzare, essere buffa.

Cioè?

Mah, ero un po’ meno morta delle altre modelle! Un po’ più viva !

Era una reginetta delle passerelle?

Effettivamente, mi andava alla grande. Ma non l’avevo presa troppo seriamente. La settimana, la trascorrevo sui banchi di scuola, al liceo. E il weekend, al lavoro. Con ottimi servizi fotografici, come quello di Dominique Issermann per un profumo Chanel, e numerose altre collaborazioni: ma era sostanzialmente per arrotondare la fine del mese. La professione di modella mi è servita tuttavia di trampolino per diventare attrice. Spesso, visto che ero un tipo cui piaceva sdrammatizzare e scherzare, mi spedivano a girare spot pubblicitari. È durante le riprese d’uno di questi, diretto da Jean-Paul Rappeneau, che sono stata notata da un agente: sono seguiti in un battibaleno il film di Godard e Frantic di Polanski…

… e il matrimonio. Che cos’è cambiato, dopo, nella sua vita?

Sono stati i figli che me l’hanno cambiata. Dopo la nascita di Morgane, un po’ alla volta, ho sempre più nutrito il desiderio d’essere attrice, di fare le cose per bene. Quando si diventa genitori, si pensa molto ai figli, beninteso, ma anche i figli ci rivelano a loro volta molto di noi stessi. Si passa a un’altra tappa della vita, si cambia… E per quel che mi riguarda, sono cambiata da così a così.