«Gli Stati Uniti hanno davvero bisogno di cambiare». È una riflessione amarissima, quella che conclude l’intervista con Emma Ruth Rundle. La musica, i concerti, i dischi, sembrano quasi aver perso d’importanza, appaiono meno reali. Prima la diffusione, sempre più dirompente in tutto il mondo, del coronavirus, che ha portato ad annullare centinaia di live, ha costretto alla chiusura locali e venue, togliendo la principale fonte di reddito a moltissimi musicisti. Poi la mobilitazione seguita alla morte di George Floyd, le proteste del movimento Black Lives Matter contro le violenze della polizia in decine di città degli Stati Uniti, che hanno ridato urgenza al tema del razzismo.
Tutti i piani di Emma Ruth Rundle, in un anno che si preannunciava come uno dei più importanti per la sua carriera, sono stati spazzati via. Il tour in Australia e Nuova Zelanda in compagnia di Chelsea Wolfe, rinviato all’anno prossimo. L’avventura del Roadburn, in cui Emma sarebbe stata la prima curatrice donna del festival olandese, uno dei più importanti ritrovi mondiali per gli appassionati di musica estrema, posticipato anch’esso al 2021. E sembrano trascorsi secoli dai concerti tenuti in Italia con la sua band, lo scorso autunno, quando a Ravenna e a Verona le note malinconiche di On Dark Horses rivelavano ai fortunati presenti la maturità raggiunta da un’artista ancora davvero troppo poco conosciuta rispetto al suo valore.
La pausa forzata e la reclusione imposta dal lockdown sono la nuova dimensione in cui Emma si è ritrovata, cercando di raccapezzarsi. «Sinceramente all’inizio è stato abbastanza difficile, dal punto di vista psicologico», racconta. «Le cose per me stavano davvero cambiando, in un modo eccezionale. Era tutto davvero entusiasmante. È stata dura adattarmi all’idea di dovermi fermare e lasciare tutto lì, senza preoccuparmene. Ma ora penso vada bene così. Sto cercando di usare questo tempo per restare in casa e stare al sicuro. Mi dedico al giardinaggio e scrivo musica da qui. Nelle prime sei settimane non ho suonato per nulla, ma ora sto lavorando, cerco di organizzare meglio le scadenze. Ho una sorta di disciplina, con una lista di cose da fare che cerco di portare a termine ogni giorno». Lo spazio intimo, domestico, in cui Emma Ruth Rundle si muove, la sta portando a creare musica che appare molto diversa da quella cui ci ha abituati ultimamente, e dall’impatto potente della band che l’ha accompagnata negli ultimi anni. «Il nuovo disco sarà molto diverso: ridotto all’essenziale, per la maggior parte solo chitarra e voce. Ho anche un pianoforte ora, sto tentando nuovi approcci alla musica, cerco di usare di più l’altro lato del mio cervello, imparando a leggere la musica ed esercitandomi. Le cose che mi stanno davvero ispirando in questo periodo sono album molto spogli, come Pink Moon di Nick Drake, uno dei miei dischi preferiti. La mia idea è lavorare a delle canzoni che suonino così, nude ed emozionanti».
Nonostante l’isolamento, sono diversi i progetti in cui la chitarrista e cantante originaria di Los Angeles è coinvolta. Per Two Minutes to Late Night, il late show online dedicato al metal, ha partecipato a un video realizzato in quarantena, in cui con membri di Mastodon, Yob, Old Man Gloom ha reinterpretato Running up that Hill di Kate Bush, una delle sue più grandi fonti di ispirazione. In uscita c’è poi il disco in collaborazione con la band Thou, e in cantiere c’è il nuovo album dei Red Sparowes, a dieci anni dall’ultima pubblicazione. «L’idea era di presentarlo al Roadburn, ma non è stato possibile», spiega Emma. «Sarei dovuta andare a Los Angeles a lavorare al disco, ma ovviamente a causa del virus nessuno può viaggiare, è molto complicato fare musica insieme in questo momento».
Da un po’ di tempo Emma Ruth Rundle vive infatti a Louisville, in Kentucky, insieme al marito Evan Patterson, anche lui musicista, parte della band che la accompagna e attivissimo con i suoi progetti Young Widows e Jaye Jayle. «È stata dura all’inizio, per me che sono nata e cresciuta a Los Angeles» racconta la musicista, «dove l’oceano è parte di qualsiasi cosa, in modo così forte. Da qui ci vuole un giorno intero per arrivare al mare. Però ci sono molti aspetti positivi: vivere qui è molto conveniente, le persone sono tranquille. Per noi è più semplice focalizzarci solo sulla musica, possiamo permetterci di essere degli artisti». Le vicende legate alla «police brutality» stanno cambiando molto l’atmosfera della città del Kentucky. A seguito della morte di George Floyd, a Louisville è riesploso il caso di Breonna Taylor, l’operatrice del pronto soccorso uccisa nel marzo scorso dai proiettili sparati da alcuni agenti di polizia, entrati in casa sua per una perquisizione senza identificarsi. «È una situazione che ci sta influenzando molto. È così allucinante che queste cose accadano. E fatti come questo continuano a succedere ogni settimana in questo paese. È davvero disturbante. Qui ci sono proteste ogni giorno, è arrivata la National Guard, hanno imposto un coprifuoco. Non stiamo quasi più uscendo di casa, anche se vorrei partecipare alle manifestazioni, credo sia davvero importante. Ma abbiamo paura. Puoi sentire i colpi di pistola fuori di casa nostra, ogni notte. È un vero caos e sono molto preoccupata. È davvero un periodo spaventoso e buio. Qualcosa deve cambiare. Abbiamo un presidente apertamente razzista e questo sta dando potere a moltissime persone di fare queste cose orribili. Credo che la cosa migliore da fare onestamente sia guardare ai leader della comunità afroamericana e sentire cosa chiedono alle persone di fare. Questo è tutto quello che possiamo fare».
La Sargent House, l’etichetta di Emma Ruth Rundle, ha voluto dimostrare la sua vicinanza a Black Lives Matter attraverso donazioni al movimento, raccogliendo fondi anche grazie a un’asta in cui sono stati messi in vendita oggetti dei musicisti della label. L’etichetta ha inoltre deciso di sostenere i propri artisti rinunciando alle proprie royalties nei vari Bandcamp Days, «e per noi tutto questo è stato davvero di grande aiuto, perché al momento non possiamo lavorare e probabilmente non saremo in grado di farlo fino al prossimo anno». La Sargent House, grazie alla fondatrice Cathy Pellow, ha contribuito in questi anni a creare un ponte tra la scena più estrema e il mondo mainstream, dando spazio soprattutto ad artiste dall’enorme carisma, come Chelsea Wolfe, Lingua Ignota, Brutus. E fin dal primo incontro, quando era da poco diventata la chitarrista dei Red Sparowes, tra Emma e Cathy Pellow si è creato un legame fortissimo. «C’è stato un periodo in cui non avevo un soldo e non sapevo dove stare» racconta Emma. «Cathy mi ha proposto di vivere da lei. Lei è la mia famiglia, come tutti gli artisti dell’etichetta. È davvero la migliore. E sono convinta che abbia dato forma a un’intera scena musicale. Inoltre tantissime persone che lavorano con la Sargent House sono donne. Ci sono sempre state donne nella musica, ma questo è un momento importante, le cose stanno cambiando in meglio. Per me è bello andare avanti e poter misurare il cambiamento». Sono questi legami, sembra, che la aiutano a tenere i piedi per terra. «Davvero non riesco a esprimere quanto sono grata, per tutti quelli che si prendono il tempo di ascoltare la mia musica, o venire ai concerti. Tutto questo mi sorprende sempre. Mi sento molto fortunata. È una cosa che può finire in ogni momento, lo so».