Festeggiamo la giornata dell’ambiente mentre l’Italia continua – ormai da diversi anni – a segnare il passo nello sviluppo della produzione energetica da fonti rinnovabili, e mentre vediamo ripetere le stesse vecchie e poco sostenibili formule: scandalosi incentivi per comprare (ancora!) veicoli diesel e a benzina, ecobonus all’edilizia con obiettivi troppo bassi di efficienza energetica, piani industriali di colossi energetici controllati dallo stato come Eni rinviare al 2035 i drastici tagli alle emissioni.

Fca che annuncia di «elettrificare» i propri veicoli puntando soprattutto (con trent’anni di ritardo) sui motorizzazioni ibride. E come ciliegina su questo quadro deludente, persino il riemergere fantasmagorico del progetto del Ponte sullo Stretto, vero monumento all’insipienza delle nostre classi dirigenti (politiche ma non solo).

Partiamo da Fca che ha ricevuto le garanzie pubbliche per un prestito in cambio di impegni “verdi”. In realtà tre su quattro dei nuovi modelli previsti dall’azienda che fu italiana, sono ibridi.

Non sappiamo quando la corsa alla nuova generazione di batterie tra l’americana Tesla e le aziende cinesi vedrà un vincitore e quanto ci vorrà per vederle sul mercato, ma l’annuncio dell’azienda cinese Svolt di una batteria con autonomia di 880 km dà l’idea di quali siano gli obiettivi tecnologici.

Indipendentemente da chi ce la farà, è chiaro che un’autonomia elettrica di questa portata renderà qualunque auto ibrida – questione di qualche anno – un ferrovecchio. Per quale ragione, infatti, sarà razionale acquistare un’auto con due motorizzazioni e due alimentazioni (per le plug-in) se l’auto elettrica è molto più semplice da gestire e può essere a emissioni zero se alimentata da rinnovabili?

Peraltro, come nota una recente analisi di Bloomberg, si stima che già oggi i veicoli elettrici (che hanno una quota ancora assai marginale del parco circolante) abbiano ridotto la domanda globale di petrolio di un milione di barili al giorno. E che oltre la metà di questa riduzione è dovuta ai veicoli a 2 e 3 ruote, dalle bici elettriche ai monopattini primi esempi di una mobilità leggera per le città.

Il direttore di Repubblica Maurizio Molinari ha (giustamente) citato il tema del trasporto aereo e la necessità di carburanti di nuova generazione. Tecnicamente è possibile produrli a partire da elettricità rinnovabile: in Germania si punta anche su idrogeno da rinnovabili (base potenziale anche per carburanti di sintesi), ci sono iniziative degne di nota in Italia? C’è qualche traccia di questo nel piano Eni?

Il suo piano industriale è mirato a rimandare i tagli delle emissioni di CO2 nel tempo, basandole su tecnologie di dubbia affidabilità e a mantenere il più a lungo possibile il mercato del gas fossile. Una colossale presa in giro per chi chiede serietà e coerenza delle politiche per combattere la crisi climatica.

Il sostanziale stallo dello sviluppo della produzione da rinnovabili è invece legato essenzialmente alla burocrazia e alle autorizzazioni – che invece dovrebbero facilitare fonti come il solare e l’eolico e rendere i rifacimenti degli impianti a fine vita poco più di una formalità – oltre che a demenziali opposizioni. Il super-ecobonus per l’efficienza in edilizia – misura anti-ciclica che già in passato ha mostrato effetti occupazionali positivi – avrebbe potuto essere l’occasione per un vero salto di qualità nelle ristrutturazioni, ed esempi positivi in Italia non mancano.

Ma invece di governare il cambiamento, imponendo standard elevati di efficienza, il modo migliore per ridurre i consumi di gas nel settore civile, si chiedono azioni limitate.

La crisi è drammatica, certo, ma anche questa sembra un’occasione persa di impiegare risorse pubbliche per una vera svolta verde che aiuti sia l’ambiente che la capacità industriale e produttiva del Paese.

 

*Direttore di Greenpeace Italia