Michele Emiliano voterà «Sì» ai referendum della Cgil contro i voucher e per la responsabilità solidale negli appalti. È il passo a sinistra del candidato alle primarie contro Renzi, quando saranno convocate. Ora, sembra, il 9 aprile, ma chissà. In un dibattito organizzato da Giorgio Airaudo e Giulio Marcon nella sede della Cgil in via Buonarroti a Roma, ieri ha promesso a quasi tutto l’arco delle forze politiche, sindacali e sociali della sinistra presenti (Paolo Ferrero di Rifondazione, Maurizio Landini della Fiom, Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, Pippo Civati di Possibile e Anna Facone dei comitati per il «No» al referendum del 4 dicembre) che da segretario del Pd applicherà una piattaforma programmatica anti-liberista per un nuovo (centro)sinistra: ripristino dell’articolo 18 e contro il Jobs Act, reddito di dignità, abolizione della buona scuola, finanziamento della ricerca, nuovo modello di sviluppo. In nome dei principi della costituzione che, da governatore pugliese e esponente di spicco del Pd-partito di Renzi ha contribuito a difendere il 4 dicembre. E, prima, con il referendum anti-trivelle. «Il destino e qualche manina intelligente è riuscita a fare una foto possibile di un nuovo centro-sinistra – ha detto indicando gli esponenti della sinistra presenti nella sala Fredda – Anche se quello che è possibile non è detto che si realizzi».

Le incognite sono tante, e proibitive per la sfida del governatore pugliese a Renzi. E non è solo una questione di voti, tanti, da raccogliere. L’incertezza sulla data delle primarie Pd impedisce a chi era sul punto di uscire dal partito di programmare una campagna elettorale. Per Emiliano è la stessa tattica che il governo e il «suo» Pd stanno usando per nascondere la data del referendum Cgil.

Sono passati 28 giorni dalla sentenza della Consulta e se ne sono perse le tracce. Come la Cgil, anche lui opta per un «Election day» insieme alle elezioni amministrative. «Vogliono andare alle elezioni anticipate per non tenere la consultazione – sospetta Emiliano – Perché sono terrorizzati dal suo successo». L’impresa di portare 26 milioni di italiani al voto è certo ambiziosa, ma «i cittadini voteranno in massa. Chi mi aiuterà alle primarie si impegnerà alla morte anche nel referendum della Cgil» ha assicurato.
Il limite di questo ragionamento è individuare nel Pd renzizzato il luogo determinante della politica italiana. Come se non ci fosse fuori un movimento Cinque Stelle vicino al 30 per cento. Come se la sinistra della «ditta» Bersani-D’Alema non fosse uscita dal Pd. Il referendum del 4 dicembre, e la sentenza della Consulta sull’Italicum, hanno sgretolato le vecchie certezze del «centro-sinistra» di nuovo e vecchio conio, inaugurando una nuova stagione caotica affrontata nel modo peggiore: con il politicismo. In questo contesto è difficile immaginare che la prospettiva di Emiliano possa essere realizzabile. E il governatore pugliese ne è sembrato consapevole.

Sul campo resta il referendum Cgil al cui successo si sono affidati molti dei presenti alla photo-opportunity del «nuovo centro-sinistra». A una prima occhiata i progetti politici sembrano diversi. Per Landini la vittoria al referendum può coincidere con l’«apertura di un processo democratico che ristabilisca una connessione sentimentale con il popolo, metta al centro la vita materiale delle persone a partire dal lavoro, ricostruisca un modello sociale».Una prospettiva diversa dallo schema di gioco pd-centrico che invece mira all’«unità sociale del lavoro senza la quale non ci sarà una sinistra».

La stessa traccia è stata seguita da Anna Falcone che punta sulla partecipazione, il «reddito di dignità», il «diritto alla felicità» e la «passione» per dare un profilo meno indistinto e più soggettivo all’«unità» invocata da tutti. «I 750 comitati per il “No” in tutto il paese non si sciolgono, parteciperanno alla campagna del nuovo referendum e vogliono applicare la Costituzione». Lo spirito civile emerso il 4 dicembre può essere il collante per creare questa «sinistra» di cui tutti parlano. Il tentativo, ambizioso, è di farlo rivivere in occasione del referendum Cgil. Civati ha proposto un «tavolo permanente»: «L’unità si costruisce con battaglie e campagne. Qui non c’è nulla che ci divide».

In mezzo restano tuttavia i personalismi del ceto politico, e le vecchie e nuove divisioni che intorbidano le acque al di là delle buone volontà dei singoli. Ne è consapevole Ferrero per il quale «Il Pd, non solo di Renzi, è parte del problema». La sua proposta è una federazione: «Non una lista, ma un processo con le persone». Fratoianni ha rotto gli indugi proponendo una «piattaforma programmatica» con patrimoniale, riduzione dell’orario di lavoro e reddito minimo garantito. Tre proposte che potrebbero aiutare a non confondere la nuova sinistra con quella Pds-Ds-Pd autrice delle peggiori politiche degli ultimi anni.