«Buongiorno all’Italia che partecipa e che non smette di informarsi, di esprimersi liberamente, di battersi per il bene comune»: ha voluto salutare così gli elettori italiani il giorno dopo il referendum sulle trivelle, battaglia nella quale la sua regione ha recitato la parte del leone prima, durante e dopo. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, tra i più convinti sostenitori del referendum e da tempo in aperto contrasto con il premier Renzi in particolar modo sulle politiche ambientali, è sereno e soddisfatto del risultato di domenica, nonostante il quorum non sia stato raggiunto com’era prevedibile che fosse.

Allora, governatore: alla fine chi ha vinto? Lei? Renzi? Entrambi?

Domenica sono andate a votare 15 milioni di persone. Direi che abbiamo stravinto con milioni di ‘Sì’. Non credo sia giusto trasformare questa bellissima pagina di democrazia in una contesa personale tra me e il premier Renzi o altri governatori regionali, al solo scopo di evitare di entrare nel merito delle scelte sulla politica energetica nazionale. Quello che è indubitabile è che milioni di italiani hanno dato un indirizzo chiarissimo al governo sulle politiche energetiche e industriali da seguire e, soprattutto, hanno detto che il mare va rispettato.

Sicuramente. La Puglia, che lei governa da meno di un anno, ha dato una risposta importante.

Ci tengo a ricordare che il Consiglio regionale ha votato all’unanimità per autotassarsi nel sostenere questo referendum. Io con i cittadini pugliesi, i sindaci dei Comuni e il movimento ‘No-triv’ avevo preso impegni chiari sul fronte ambientale e su questa vicenda delle trivellazioni: sarebbe stato grave se io mi fossi tirato indietro all’ultimo e non avessi rispettato i patti. E credo che i cittadini abbiano apprezzato il mio atteggiamento coerente. Io in Puglia lo scorso anno sono stato eletto con 800mila voti, mentre ieri hanno votato Sì 1milione 300mila persone, pari al 41,66%. Più di questo non si può pretendere, abbiamo ottenuto una straordinaria vittoria.

La politica si fa con i voti, è una massima democristiana. E lei in queste ore sta parlando soprattutto con i numeri: è un altro messaggio diretto a Renzi?

I numeri non si possono interpretare a proprio piacimento. Io ricordo che alle Politiche del 2013 la coalizione di centrosinistra ha ottenuto 10.047.808 voti, mentre il Pd 8.644.523 voti validi (alle Europee del 2014 il Pd ottenne invece 11,2 milioni di voti, ndr). Di fatto il Pd attualmente governa con questi voti. Ed è con questi voti che il governo e il parlamento hanno approvato la legge per le trivelle. Domenica si è andati a votare per abrogare parte della legge e 13.334.764 di persone hanno votato per l’abrogazione: ai miei occhi, se parliamo di democrazia, c’è più di qualcosa che non quadra. E non è un caso che la riforma costituzionale approvata di recente corregga questo deficit.

Quindi se fosse stato raggiunto il quorum Renzi avrebbe dovuto dimettersi?

Assolutamente no. Qui stiamo parlando di un referendum, non c’era niente di personale contro il premier. Ciò detto però, ribadisco ancora una volta che il governo non può esimersi dal confronto con le regioni italiane, che non possono essere estromesse da scelte impattanti sull’ambiente, sul mare, sull’interesse pubblico. Decisioni importanti che vanno prese sulla base di un preciso indirizzo popolare o di un programma condiviso dagli elettori. Un indirizzo che ieri al governo e al premier è arrivato forte e chiaro e che va rispettato. Vorrei ricordare che questo paese, come peraltro previsto dalla Costituzione, da sempre si regge sulle intese tra governo e regioni: non c’è un’altra via per governare e realizzare tutto quello di cui questo paese ha bisogno. Lo ‘Sblocca Italia’, tanto per essere chiari, non può scavalcare le regioni e i cittadini interessati dalle grandi opere e dalle politiche che condizionano i territori in cui vivono per decenni.

A tal proposito, a che punto sono le vicende Ilva e Tempa Rossa?

Sull’Ilva siamo in attesa di capire cosa sta accadendo e di conoscere i dettagli dell’intera operazione. Anche se dai segnali che stiamo ricevendo, penso si vada più verso un ramo d’affitto d’azienda che non verso una vendita vera e propria. Su Tempa Rossa, dopo aver ribadito al governo che la Regione non si è opposta al progetto (l’ok arrivò nel 2011 sotto la guida di Vendola, ndr) attendiamo di essere convocati per discuterne.

Chiarito tutto questo, ad ottobre ci sarà il referendum costituzionale: lei che idea si è fatto?

Sto ancora studiando la materia. Anche perché vorrei capire come si incastrerà con le norme vigenti in materia di leggi elettorali e se rientra nei profili costituzionali. Anche perché sino ad oggi il nostro sistema si è basato su un bicameralismo perfetto: sarà ancora così?