Nuovo capitolo del tira e molla sull’Ilva di Taranto, ieri ha rilanciato il governatore della Puglia, Michele Emiliano: chiede di trattare direttamente con il premier Gentiloni, promette di ritirare il ricorso al Tar solo a fronte di maggiori garanzie per la salute dei cittadini e propone l’ingresso della Regione – attraverso l’Acquedotto pugliese – nel capitale del gruppo siderurgico. Una serie di carte sul tavolo, sfoderate dopo che il ministro Calenda, giovedì, aveva messo sul piatto un protocollo che non aveva soddisfatto né Emiliano né il sindaco Rinaldo Melucci.

«STIAMO CHIEDENDO al governo – ha detto Emiliano – di rispettare le leggi, la Costituzione, la salute dei cittadini. Se non le avremo il ricorso non sarà mai ritirato». «Se invece avremo queste garanzie – ha ripreso il governatore – è evidente che nessuno di noi ha intenzione di mantenere in piedi un contenzioso che non abbia un significato di tutela della salute delle persone».

Descrivendo le condizioni su cui Regione e Comune di Taranto si concentreranno nel definire la controproposta alla bozza del protocollo inviato loro dal governo, Emiliano ha spiegato che «se raggiungiamo un accordo sull’applicazione della legge regionale sulla previsione del danno sanitario, e otteniamo la possibilità di dimostrare che la decarbonizzazione non ha questo differenziale di costo così elevato come si sostiene, e che quindi si parte con la decarbonizzazione almeno sui due gruppi da ristrutturare, allora noi siamo a buon punto». Quanto all’apertura alla decarbonizzazione, ha quindi ammesso che «nella bozza» del protocollo «questa apertura c’è, sia pure scritta in modo da precisare».

DOPO QUESTE PAROLE, l’attacco al ministro Calenda: secondo Emiliano «un impegno a lavorare in modo positivo» sull’Ilva «non può che essere preso da Gentiloni in persona», ed è il momento che Calenda «si faccia da parte e ci consenta di dialogare con il presidente del Consiglio, che peraltro è l’autore dell’atto (il decreto sul piano ambientale, ndr) impugnato» davanti al Tar da Regione e Comune di Taranto.

«È giusto – ha fatto notare Emiliano – che un presidente di Regione direttamente eletto dal popolo, e un sindaco direttamente eletto dal popolo, incontrino il presidente del Consiglio che ha l’investitura formale da parte del presidente della Repubblica a guidare il governo». Calenda, al contrario, «non è un soggetto eletto, non fa parte del Pd, è un ministro tecnico, non ha nessuna caratteristica politica. È bene che questa presenza tecnica nel governo si faccia da parte».

«CALENDA NE HA DETTE di tutti i colori sul Comune e sulla Regione, e io questa cosa non gliela perdonerò mai – ha spiegato il governatore pugliese, non nascondendo la sua netta contrarietà rispetto al ministro – Prima ha tentato di escluderci dal tavolo, poi ci ha sottoposto a una pressione per ritirare senza condizioni un ricorso, dicendo che noi volevamo far chiudere la fabbrica e che eravamo semplicemente la cultura del no. Ha tentato di soffocare il nostro diritto».

Ribadendo che sia lui che il sindaco Melucci preferiscono «un accordo di programma a un protocollo» – ieri si è tenuta una riunione dei tecnici di Regione e Comune per studiare la proposta governativa e una possibile controproposta – Emiliano ha quindi lanciato l’idea di far entrare «Acquedotto pugliese – anche con una cifra simbolica – dentro la nuova proprietà»: con l’auspicio che sia concesso ai due enti locali «un consigliere di amministrazione che possa partecipare e conoscere dall’interno tutte le questioni più importanti legate alle attività della fabbrica».

IL MINISTRO CALENDA ieri non ha replicato, ma un netto no è arrivato dal fronte sindacale: per il segretario della Fim Cisl, Paolo Bentivogli, «i nostri interlocutori sulla vicenda Ilva sono i ministri Claudio De Vincenti e Carlo Calenda, che rappresentano il governo e il presidente del Consiglio: negare l’interlocutore è l’atteggiamento consono a chi non ha argomenti e sta ritardando ambientalizzazione e la salvaguardia dell’occupazione». No anche all’ingresso di Acquedotto pugliese nella proprietà: «Proposta di cui ci sfugge il senso».

Quest’ultima idea piace invece a Francesco Boccia (Pd), vicino alle posizioni di Emiliano: «Segno di lungimiranza industriale, – dice l’ultimo presidente della Commissione Bilancio della Camera -, può aprire una stagione nuova».