Un iscritto Pd può restare nel partito se lavora a promuovere un’azienda che il Pd medesimo contrasta? Dilemma shakespeariano – coerenza o non coerenza, questo è il problema – che attanaglia il Pd di ogni latitudine e che in Puglia il candidato presidente Michele Emiliano, poco incline alle sottigliezze statutarie, ha risolto con un tweet. Ha risposto no.
La vicenda si consuma sui social network ma rischia di impattare male sui fragili ingranaggi delle regole dem. Luigi Quaranta, iscritto del Pd di Bari, posta su facebook: «Apprendo da alcuni tweet di Emiliano di non fare più parte del Pd, che ne dovrei essere allontanato in ragione del mio rapporto di lavoro con la Tap». Cos’è successo: Emiliano ha detto che Quaranta non fa più parte del Pd visto fa il portavoce della Tap, la contestatissima Trans adriatic pipeline che costruisce il gasdotto che porterà il gas dall’Azerbaigian in Salento. Il Pd nazionale è tutt’altro che contrario alla Tap, quello pugliese di rito ’emiliano’ invece sì. La vicenda ha un precedente: l’ex segretario Pd di Melendugno viene invitato alle dimissioni perché sua moglie è stata assunta dall’azienda del gasdotto. Quaranta, giornalista del Corriere del Mezzogiorno e già collaboratore di D’Alema ai tempi di Palazzo Chigi, oggi ha un contratto da «senior media advisor» della Tap: si occupa dell’ufficio stampa.

Ma non ci sta: «Secondo Emiliano ci sarebbe incompatibilità tra la adesione a un partito e il lavoro in un’azienda privata (al momento, però, solo in Tap: non risultano né tweet né più formali prese di posizione nei confronti dei tanti iscritti al Pd che lavorano in aziende private, anche in rapporto di affari con gli enti pubblici)», scrive. E contrattacca: «Emiliano che cinguetta su Twitter con NoTap e grillini dovrebbe interrogarsi sulla sua incompatibilità con le posizioni più volte apertamente espresse a sostegno del progetto di Tap dal segretario Renzi, da ministri, viceministri, sottosegretari, parlamentari e consiglieri regionali del Pd; e magari anche sciogliere l’insanabile, nella sua logica, contraddizione di avvalersi per la campagna elettorale dei servizi della stessa azienda di comunicazione che collabora con Tap». Detto anzi scritto questo si appella al presidente Orfini e ai garanti Pd per «tutelare la mia onorabilità e i miei diritti di iscritto». Controreplica di Emiliano: «Nessuna espulsione», spiega, «subisco dal senior media advisor di Tap Italia un frontale attacco intimidatorio». Lui, giura, non sapeva che Quaranta fosse ancora nel Pd «nonostante avesse assunto un ruolo così delicato nella comunicazione aziendale del Consorzio Tap Italia. Non capisco in che modo egli voglia far coincidere la linea politica del Pd nazionale con quella dell’azienda che lo stipendia».

Insomma, l’incompatibile con la linea Pd chi è? Il candidato governatore che dialoga «con la gente, con i movimenti, con i sindaci e perché ho idee diverse da quelle del governo nazionale sull’approdo di Tap a San Foca», e che ritiene «che se un militante di qualunque partito assume un ruolo così delicato a tutela di interessi privati» farebbe meglio a «tutelare il proprio partito dimettendosi dallo stesso per la durata dell’incarico aziendale, evitando che qualcuno possa pensare che la sua militanza influenzi la terzietà che il partito deve mantenere in ogni sua decisione»? Oppure il militante che per lavoro – ma ci si augura per lui anche per intima convinzione – promuove il gasdotto che non piace al Pd locale ma è sostenuto da quello nazionale? Oppure sono bravi compagni democratici l’uno ma anche l’altro?