Quattordici liste a sostegno già non sono poche. Ma l’ultimo colpaccio di Michele Emiliano, presidente della Puglia e ricandidato per il centrosinistra, è di avere convinto a correre con lui Luigi Lopalco, pisano di adozione scientifica ma brindisino di nascita, uno dei pochi epidemiologi a essere rimasto stimato anche dopo il lockdown. Gli avversari sono scatenati contro lo scienziato che – dato il momento delicato della pandemia – non vuole dimettersi dalla task force della regione. Emiliano francamente se ne infischia. Anzi scherza: «Ho capito che Lopalco mi vuole portare via la delega da assessore alla Sanità. E io forse sono anche disponibile a cedergliela». Poi più serio: «Sono onorato della sua scelta, come di quella di altri centinaia di candidati che hanno deciso di dare una mano». Dice che saranno loro, al posto suo, a fare campagna elettorale, ché lui deve fare il presidente. Ma intanto macina chilometri su e giù per la Puglia. Ieri era a Vieste a inaugurare il poliambulatorio con elisoccorso – fondamentale per trasportare i gravi viste le strade del Gargano – e a posare la prima pietra della Community Library: un grande investimento europeo, 120 milioni, per recuperare 113 edifici storici o in disuso e trasformarli in biblioteche di comunità.

Iniziamo dai 5S: non vogliono accordi. Lei è sicuro che alla fine cambieranno idea. Perché?

La nostra coalizione in Puglia è aperta a loro prima o dopo le elezioni. Ci sono punti programmatici che possiamo realizzare insieme, sui territori. E c’è un percorso avviato a Roma. Ma la mia attenzione verso di loro c’è sempre stata.

Invece loro ce l’hanno proprio con lei. Una delle condizioni è che faccia un passo indietro.

Intanto la mia candidatura è stata decisa con le primarie da 80mila pugliesi e non è calata dall’alto. Detto questo, le condizioni vanno ricercate nelle cose da fare insieme, non nei nomi. Quando sono diventato presidente della Puglia, cinque anni fa, nominai assessori ben tre consiglieri M5S. Ero pronto già da allora a sperimentare un’intesa. Loro rifiutarono. Ma oggi una delle tre, uscita dal movimento, sostiene il centrosinistra. La politica, quando si dialoga, può costruire bei percorsi.

Lei dice che il suo Pd è «sovversivo rispetto al Nazareno». Cosa intende?

Che rispondo solo al popolo pugliese, non rispondo ciecamente agli indirizzi del Pd se questi indirizzi vanno in contrasto con il nostro programma, che peraltro è stato scritto e legittimato da migliaia di cittadini. Questo il senso. Zingaretti lo ha capito e su un tema come l’Ilva ha sostenuto da subito la decarbonizzazione della fabbrica, come chiedevamo dalla Puglia, in discontinuità con la precedente linea nazionale del partito.

Lei «risponde al popolo pugliese». Ammette di essere un populista di sinistra? O come ha detto un suo avversario: un «populista istituzionale».

Ammetto di rispondere ai cittadini. Anche quando, per il bene comune, mi tocca fare delle scelte impopolari

Qui i renziani fanno una corsa solitaria con Scalfarotto. Mettono a rischio il suo risultato?

Non riesco a vedere la questione in termini percentuali. Ma nell’essere parte o meno di una storia iniziata quindici anni fa. Una storia che passa non solo dal magistrato antimafia Emiliano diventato sindaco sulla spinta della società civile, strappando per la prima volta la città di Bari alla destra; non solo da Nichi Vendola che conquista la regione e il cuore di tutti. Ma da un intero popolo che, da Sud, ha ripreso in mano il suo destino e che continua questo cammino forte, di una nuova generazione di sindaci e amministratori che portano alto il nome della Puglia.

Con Renzi e Calenda pesano gli scontri all’epoca del governo Renzi?

Ci hanno diviso questioni concrete. Le mie battaglie a tutela della scuola pubblica e dell’articolo 18, per la decarbonizzazione dell’Ilva, per lo spostamento dell’approdo del gasdotto Tap dalla spiaggia di Melendugno.

E non le hanno perdonato il referendum sulle trivelle, quello del «ciaone».

Senza quel referendum oggi al posto delle migliaia di turisti in Puglia avremmo chissà quante autorizzazioni a cercare petrolio. Le 15 bandiere blu e l’attestazione del mare più bello e pulito d’Italia che abbiamo ottenuto quest’anno premiano la nostra schiena dritta. Anche se il prezzo da pagare è stato alto.

Stato di emergenza, dossier aperti, governo indeciso: se lei fosse il segretario del Pd farebbe qualcosa diversamente?

Sono sulla linea di Zingaretti a cui do dare atto di aver gestito al meglio fasi molto difficili.

Ora serve la dichiarazione di un nuovo stato di emergenza?

Dobbiamo essere pronti a gestire una nuova ondata del virus in autunno, così dicono gli esperti. Dietro ogni decisione del governo ci sono istruttorie dettagliate ed è chiaro che dobbiamo affidarci. Di sicuro oggi di fronte a un picco non saremmo colti di sorpresa. Ma mai sottovalutare i rischi. Non bisogna abbassare la guardia.

L’alleanza che governa a Roma è destinata a stringersi stabilmente nel futuro?

In un contesto tripolare come quello attuale, sinceramente me lo auguro. Unica strada al momento per dare stabilità al Paese ed evitare virate verso le destre.

Il governo Conte tiene?

Lo spero.

L’ex Ilva sembra una questione sociale destinata a esplodere. Ieri Zingaretti ha fatto un appello all’unità con i 5s su questo. Lei cosa chiede al governo?

Due priorità: investire subito nella sua decarbonizzazione, eliminando la prima fonte inquinante. Tutelare i lavoratori mantenendo gli impegni.

E su questa dolorosa questione cosa promette ai cittadini tarantini, e ai pugliesi tutti?

La Regione Puglia come è noto non ha alcun potere sulla vicenda ex Ilva. Ma noi ci siamo sempre, su tutti fronti. Siamo costituiti parte civile nel processo alla Corte d’Assise al fianco dei cittadini. E ci battiamo in ogni sede per uscire dall’era del carbone. Taranto è il mio primo pensiero.