Come previsto l’onda leghista si è abbattuta sulle città dell’Emilia-Romagna. Ma non ha sommerso tutto, anzi. A restare a galla al momento tutti i grandi centri, Modena e Reggio Emilia in testa, con la prima riconfermata di prepotenza dal Pd col 54% dei voti e la seconda al ballottaggio, ma con i dem saldamente in testa e a un soffio dalla metà più uno dei voti. In bilico invece le altre città. A Forlì il centro sinistra dovrà rincorrere il candidato della destra a trazione leghista. Mentre a Cesena, dove il candidato sindaco dem stacca la destra di 10 punti, molto dipenderà da dove finirà il voto dei grillini e delle liste civiche.

FERRARA CASO A PARTE, con il candidato della Lega Alan Fabbri che non è riuscito per un soffio (un punto percentuale) a passare il 50% più uno dei voti. Sarà ballottaggio, ma il Pd (che insegue col 31%) per rimontare dovrà riportare i suoi militanti al voto e incassare i consensi di civiche, della sinistra e anche di parte del M5S. Insomma un’impresa. Intanto però il partito tira un sospiro di sollievo considerando l’aria della vigilia e gli annunci del Carroccio locale che fissava l’asticella della vittoria al primo turno. Invece ci saranno altri 15 giorni di campagna elettorale e i dem proveranno a risalire la china, con un Fabbri che ora dovrà gestire le fibrillazioni della sua coalizione che, all’ultimo minuto, ha fallito il colpaccio più volte annunciato.

LE CITTÀ dell’Emilia-Romagna in qualche maniera tengono, nonostante a livello di voto europeo la Lega sia il primo partito nella regione. Segno che l’effetto Salvini funziona per le europee, dove il voto di opinione più ideologico è trainante, ma che quando si va sui territori la destra deve sudarsi ogni preferenza in scheda. Insomma, se si ragiona di elezioni comunali il radicamento del Pd e dei suoi candidati spesso fa la differenza. Nel bolognese c’è ad esempio il caso di San Lazzaro, dove la sindaca dem Isabella Conti viene riconfermata con l’81%. Percentuali bulgare.

Ma anche nell’altro grande comune alle porte di Bologna, Casalecchio, il Pd sta abbondantemente sopra al 55%. C’è l’eccezione di Vergato, paese sull’Appennino bolognese balzato agli onori della cronaca nelle settimane scorse per la discussa statua realizzata dallo scultore Luigi Ontani, un fauno nudo diventato l’incubo del senatore leghista antiabortista Pillon. Il sindaco uscente si è fermato al 40,7% ed è stato battuto da Giuseppe Argentieri, eletto col 59,3%, esponente del movimento sovranista.

DISCORSO SIMILE in provincia di Modena e Reggio. Il voto europeo non si traduce in un equivalente voto amministrativo, e il Pd non crolla. In provincia di Modena Maranello, paese della Ferrari, va al ballottaggio per 2 voti, il Pd vince Fiorano e Formigine, recupera la montagna e la zona nord ma perde due centri importanti come Mirandola e Sassuolo. Basta però ai dem per festeggiare. «Non c’è la frattura tra città e campagna che temevamo, Modena non è circondata da amministrazioni leghiste». Stesso discorso nel ferrarese e nel reggiano con tanti centri, sopratutto piccoli e piccolissimi, che alle europee hanno premiato la Lega ma alle amministrative i candidati del centrosinistra.

INVERSO IL TREND europeo, dove la Lega è in gran parte della regione il primo partito e il verde, idealmente, circonda il rosso dei fortini Pd emiliani. Piacenza, Parma, Modena, Forlì, Cesena, Rimini e Ferrara. Il consenso che la Lega incassa alle europee è in certi territori strabordante. Basti pensare al 61% di Goro (Fe), paese famoso per le barricate che nel 2016 impedirono l’accoglienza di una manciata di migranti. Il Pd riesce invece a mantenere il primato di primo partito in provincia di Reggio, Ravenna e Bologna. Crollano ovunque i 5 Stelle. Le prossime due settimane di campagna elettorale decideranno i nuovi equilibri politici in una regione che si prepara a scegliere il nuovo governatore fra meno di un anno.