«Basta un voto», dicono i manifesti di Forza Italia comparsi nelle scorse settimane ai lati degli stradoni delle principali città dell’Emilia-Romagna. Vero, perché alle elezioni regionali del prossimo 26 gennaio il candidato presidente che incasserà un voto in più degli altri governerà la Regione per i prossimi cinque anni. Da una parte Stefano Bonaccini, presidente uscente in cerca del bis, sei liste a sostegno, una tessera Pd che resta solo nella tasca vista la distanza che il governatore emiliano ha recentemente messo tra sé e i vertici del partito, e che sarà confermata oggi a Imola all’evento di presentazione ufficiale delle candidature a cui parteciperà il sindaco di Milano Beppe Sala, ma non il segretario dem Nicola Zingaretti.

DALL’ALTRA PARTE c’è Lucia Borgonzoni, candidata della destra, fedelissima di Matteo Salvini. A separare la leghista da una clamorosa vittoria ci sono i sondaggi, che danno Bonaccini avanti di un due-tre percento. Poco, visto che ci sono ancora 400 mila elettori indecisi. Con Borgonzoni Fratelli d’Italia, che a Bologna schiera in lista il vice comandante regionale dei Carabinieri (ora in aspettativa) e sogna di sfondare il 10% (5 anni fa era sotto il 2%), e Forza Italia, che per non sparire punta sulla pluricandidatura di Vittorio Sgarbi, che però difficilmente lascerà il parlamento.

Quelle del 26 gennaio saranno elezioni particolari. Perché se è vero che le ripercussioni saranno nazionali, è anche vero che le questioni nazionali al momento non sfondano. Merito di Bonaccini che ha costretto la Lega a confrontarsi sui temi della buona amministrazione. Il risultato è che, più che sui migranti, in questo momento in Emilia si polemizza (letteralmente) sui tortellini. Sia Bonaccini che Borgonzoni avranno liste di supporto fuori dai partiti (Borgonzoni anche una lista di «giovani ecologisti» per pareggiare i Verdi pro Bonaccini) che punteranno ad attirare consensi in maniera trasversale.

E COSÌ LA LEGHISTA schiererà un ex sindaco della montagna bolognese, Marco Mastacchi, che nel 2012 abbracciò Matteo Renzi prima del locale Pd. Bonaccini invece ha imbottito il listino del presidente di figure capaci di parlare ad ogni elettore, sconfinando apertamente a destra. In lista non solo calendiani e renziani. Con l’attuale governatore a Modena si schiera la presidente regionale di Confagricoltori, Eugenia Bergamaschi, che era vicina alla Lega; a Reggio l’imprenditore Carlo Fagioli, protagonista di una durissima vertenza sindacale che portò al licenziamento di 500 facchini; a Piacenza l’ex sindaco leghista del comune di Bobbio. A Bologna con +Europa sarà capolista l’economista Giuliano Cazzola: sindacalista “pentito” avversario della Cgil, parlamentare del Pdl, poi montiano, poi alfaniano, oggi bonacciniano.

POI C’È LA SINISTRA, grande incognita di queste elezioni regionali considerando anche che il Pd non potrà ripetere l’exploit di cinque anni fa, quando incassò il 44% dei voti, e infatti i dem a questo giro non dovrebbero superare il 30. La lista di sinistra che appoggia Bonaccini si chiama Emilia-Romagna Coraggiosa e sarà trainata dall’ex europarlamentare Elly Schlein. Capolista a Bologna, Reggio e Ferrara, Schlein più di altri potrebbe beneficiare dell’«effetto sardine». Con Coraggiosa, lista «civico-progressista-ecologista», ci saranno i candidati di Articolo 1 di Vasco Errani e quelli della Sinistra italiana del consigliere regionale ricandidato Igor Taruffi (per lui l’apprezzamento pubblico di Francesco Guccini).
Infine tutti gli altri. Il Movimento 5 Stelle che lotterà per non sprofondare troppo sotto al 10% (cinque anni fa era al 13) e la sinistra anti Pd, divisa tra Potere al Popolo, l’Altra Emilia-Romagna e il Partito Comunista. (Giovanni Stinco)