Sul palcoscenico vengono rappresentati i campioni dello sport, in Italia una novità. Quelli del Teatro ArteVox hanno scelto Emil Zàtopek, unico atleta al mondo, a Helsnki, ’52 a vincere due medaglie d’oro sui 5 mila e 10 mila metri nella stessa olimpiade. Nel 2013 hanno rappresentato al Teatro Sociale di Como VOLO 903.IL VIAGGIO DI UN ATLETA, replicato nel 2014 al Piccolo di Milano, il 20 marzo sarà rappresentato al Teatro Manzoni di Monza. Ne parliamo con i due attori protagonisti Stefano Annoni e Daniele Gaggianese.

Lo sport rappresentato a teatro è una novità?

Stefano Annoni: Negli ultimi dieci, quindici anni, ci sono stati degli spettacoli come Italia-Brasile 3 a 2 di Davide Enìa, Maratona di New York di Edoardo Elba, Bundesliga ‘44 di Gianfelice Facchetti, sono stati rappresentati alcuni spettacoli sulla figura di Maradona, altri sulla montagna dal gruppo gli Slegati, che ha vinto anche un premio. Alcuni attori vengono dallo sport, io sono stato un pallanuotista di A2 nel Como, Daniele Gaggianesi ha giocato fino a 16 anni nelle giovanili dell’Inter. Negli anni ‘90 a Calvi si sono tenute rassegne su teatro e sport, nel 2012 c’è stato un numero speciale di Hystrio dedicato al rapporto tra il teatro e lo sport.

A volte sono le storie, si inserisce Daniele Gaggianesi, sono le gesta sportive cantate sulle pagine dei giornali a spingere il teatro a occuparsi di sport, a individuare gli eroi da portare sul palcoscenico. Gli eroi del ‘900 come Jesse Owens, velocista di colore, che vince quattro medaglie d’oro sotto gli occhi di Hitler alle olimpiadi di Berlino nel ‘36, i calciatori della Dinamo Kiev che disputano la partita della morte contro una squadra delle SS, Tommie Smith a Messico ’68 che alza il pugno chiuso sul podio contro le discriminazioni razziali, sono storie epiche, all’eroe è chiesto di fare un passo in più. C’è l’eroe visto dai tifosi e l’eroe che passa alla storia come Zàtopek.

Perché Zatopek in teatro?

Annoni: Non lo conoscevo, mi era stato chiesto di preparare qualcosa sul tema le ali dell’uomo, tema della stagione 2013 del Teatro Sociale di Como. Le ali richiamano il concetto di libertà, parlandone tra noi, il tema dello sport è stato il primo a emergere, ci siamo immedesimati nella storia di Zàtopek. La vera sfida, aggiunge Daniele Gagganese è stata portare la corsa di edurance sul palcoscenico, in uno spazio chiuso. Ci siamo chiesti cosa ci serve per rappresentare la corsa? In realtà non occorre nulla, serve il corpo, anche con niente in scena ci siamo accorti che catturavamo l’attenzione. Lo spazio cambia ogni volta, ogni volta cambiamo i nostri compiti e il testo. Durante lo spettacolo quando parte la corsa arriva una ventata di energia, è una liberazione per tutti. Ogni volta presentiamo un modo di correre diverso.

Che cosa vi ha insegnato la figura di Zatopek?

Annoni: a correre, prima non lo facevo, è una cosa meravigliosa, ti far star bene con te stesso. Chi fa questo lavoro deve esser consapevole della fatica per raggiungere degli obiettivi, pensare di lavorare duro per ottenere un risultato. Zàtopek è un uomo, alla fine accetta di abiurare al Manifesto delle 2000 Parole, dunque “rinnegare” le sue idee per tornare a casa, questa decisione lo avvicina a noi. La sua è una storia epica.

Gaggianesi: mi ha spronato a correre la prima maratona della mia vita, senza conoscere questo personaggio non l’avrei fatto. Nella figura di Zàtopek, l’impegno e la fatica sono vissuti come un valore della propria presenza sulla terra, non posso dire semplicemente che mi piace fare l’attore, questa non è una condizione per fare l’attore, il teatro non basta, occorrono le fatiche, lui diceva che occorrono le vesciche ai piedi. In una delle sue ultime interviste chiesero a Mennea se avesse qualcosa da rimproverarsi, rispose che avrebbe dovuto allenarsi di più. Anche Zàtopek lo avrebbe detto.

Cosa prendereste da Zatopek?

Gaggianesi: C’è un aspetto molto bello di Zatopek, l’ironia, la volontà di sbeffeggiare chi si prende troppo sul serio, faceva battute sugli altri quando si allenava, ma era il primo a prendersi in giro, era un atleta di profonda umiltà. Negli anni della “rieducazione” ai lavori forzati, a volte scappava per fare una corsa. Era un uomo libero, per lui era importante correre. Nello spettacolo gli facciamo dire che non voleva fare la Storia, ma a Praga la forza della folla lo ha spinto verso quella direzione.

Vi ha stupito che uno sportivo non volesse fare la storia?

Gaggianesi: Zàtopek era un simbolo, oggi nel mondo dello sport ci sono le star.

Che messaggio volete mandare agli spettatori?

Annoni: Lui alle olimpiadi era molto libero stringeva amicizia con gli atleti americani, marocchini, inglesi, non solo con quelli dei paesi comunisti.

Gaggianese: Impegnarsi sugli obiettivi, non avere paura di perdersi, di non vergognarsi di se stessi, del proprio corpo, Zàtopek correva piegato, male, poi ha vinto due ori nella stessa olimpiade. Quando corro faccio fatica, ma poi penso che anche lui faceva fatica.