C’è di tutto e di più – in molti casi anche di peggio – nel cosiddetto «Decreto emergenze» improvvisamente «sbocciato» in questi giorni. Diventato il più classico dei provvedimenti omnibus, e approvato in via definitiva a Montecitorio con il primo ricorso alla fiducia da parte del governo Letta.

Ad esempio faranno discutere i trenta milioni (in tre anni) per ammorbidire i comuni della Val di Susa con opere di «riqualificazione territoriale», lì dove si vuol far passare l’alta velocità ferroviaria della Torino-Lione. Ma è ancor peggio la «disciplina speciale» per l’Expo 2015, corsia preferenziale per fare tutto in gran fretta senza perdersi dietro a troppe leggi e regolamenti. E ancora di più i 120 milioni di euro l’anno dal 2015 al 2024, cioè un miliardo e 200 milioni, di nuovo per l’alta velocità ferroviaria ma stavolta da Tortona/Novi Ligure a Genova, meglio conosciuta come Terzo valico del Giovi, e per il quadruplicamento della linea Verona-Fortezza di accesso alla galleria del Brennero. Infine ci sono i finanziamenti per i quali era stato pensato il decreto, cioè quelli per la ricostruzione post-terremoto a L’Aquila e in Emilia. Un fattore decisivo, viste le notizie del giorno dalla Lunigiana, per convincere anche i più recalcitranti: Movimento 5 Stelle e Lega fino all’ultimo avevano detto «no» ma poi si sono astenuti, così come ha fatto una perplessa Sel. Il voto finale che ha dato il via libera alla legge di conversione del decreto ha registrato 336 favorevoli, nessun contrario e appunto 133 astenuti.

Domanda d’obbligo. È stato abile il governo di larghe intese che ha fatto quello per cui è stato fatto nascere? Oppure è stato incapace il Parlamento di porre un freno a spese pubbliche che fanno a cazzotti con la tanto sbandierata austerity, applicata in modo ferreo su lavoratori e pensionati? Per certo il decreto legge, eredità del governo Monti, dopo 47 giorni in Senato (sui 60 disponibili) è stato trasformato in qualcosa di assai diverso e peggiore. E nel residuo tempo a disposizione di Montecitorio, la franca discussione animata soprattutto dai pentastellati si è infine arenata di fronte al voto di fiducia (383 sì e 154 no).

«Ci sono molte cose che non vanno in questo decreto – ha osservato per Sel Alessandro Zan – diventato onnicomprensivo, in barba anche alla richiesta di Napolitano di far lavorare il Parlamento senza decreti su cose diverse tra loro». Ma di chi è stata la colpa della fiducia? Dei cospicui finanziamenti per il Terzo valico del Giovi, fra cui 630 milioni «compensativi», che la maggioranza Pd-Pdl-Sc ha difeso come fosse Fort Alamo. Ma dopo un quasi accordo alla riunione dei capigruppo per tornare «quasi al testo originario», all’ultimo il Movimento 5 Stelle ha posto come condizione – ancor più dei 30 milioni per le compensazioni Tav in Val di Susa – l’eliminazione di questo capitolo di spesa. Ed è andata come è andata.

Del vecchio decreto ci sono il miliardo (da qui al 2019) per la ricostruzione de L’Aquila. Soldi che, in questo caso, vengono assicurati dall’aume[/ACM_2]nto da 1,81 a 14,62 euro e da 2 a 16 euro dell’imposta di bollo. Poi 15 milioni per i danni del sisma in Molise del 2002. E ancora sul fronte terremoto ecco 50 milioni di euro in Emilia Romagna, 5 milioni in Lombardia e Veneto e 30 milioni in Abruzzo, che potranno essere spesi grazie alla riduzione degli obiettivi del Patto di stabilità. Inoltre viene certificato il riconoscimento di Piombino (Lucchini & c) come area di crisi industriale complessa, anche per poter ampliare velocemente il porto destinato ad accogliere la Costa Concordia, e in parallelo anche a Trieste viene riconosciuto lo status di «area di crisi industriale» a causa delle sue pericolanti Ferriere. E ci sono finanziamenti per rimettere in sesto il porto di Genova dopo il disastro di maggio.

Ultimo ma non per ultimo, e per capire come si muovono le larghe intese, una splendida cartina di tornasole sono le deroghe alla normativa sulle terre e rocce da scavo nei cantieri di tutti gli interventi post-sisma in Abruzzo, Emilia Romagna e Lombardia, nell’area industriale di Piombino, per l’emergenze rifiuti in Campania e a Palermo, e naturalmente per l’Expo di Milano. Ai piccoli cantieri ci ha già pensato, d’altronde, il ddl semplificazioni.