Al confine tra Polonia e Ucraina l’emergenza Covid ha lasciato il passo a quella umanitaria per dare soccorso a chi fugge dalla guerra. Con il rischio però di innescare altri focolai epidemici.

A Przemysl, l’ex cento commerciale della Tesco è stato adibito ad hub di transito per migliaia di rifugiati che giornalmente passano il confine di Medika. Arrivano stipati tra i sedili, con l’espressione disillusa e attonita di chi non sa cosa aspettarsi, ma certi di essere ancora vivi e in un Paese amico dopo ore e ore oppure giorni di viaggio. Donne, giovani mamme, signore anziane, adolescenti e bambini. Sono attaccati al finestrino, qualcuno sorride, altri salutano, o guardano nel vuoto. Si accompagnano a poche borse, qualche valigia. Stringono a sé chi un neonato, chi un cane, o un peluche, tutti la speranza di trovare un porto sicuro da qualche parte.

IL PARCHEGGIO SEMBRA uno scalo aeroportuale, ma in uno scenario da bazar arabo. Un grande suk, dove accanto ai mucchi di scatoloni con vestiti buttati alla rinfusa dopo che in tanti ci hanno messo mano per trovare qualcosa di utile, pannolini, bottiglie d’acqua e passeggini, sfilano tra i volontari in gilet giallo o arancione i volti segnati dalla stanchezza e dall’amarezza.

A ridosso dell’entrata una fila di bagni chimici, pochi, installati sul terreno battuto. Quando ci passi vicino devi stare attento a dove mettere i piedi perché è facile che ci siano degli escrementi umani, sparsi lì accanto.

All’interno del centro la situazione è quella di un «grande letto comune», lo definisce l’ingegnere Giovan Battista Cicchetti Marchigiani, responsabile della missione dell’Istituto Nazionale di Formazione Operativa Professionisti dell’Emergenza Insfo/Roe nel centro Tesco a Przemysl.

Le brandine sono assiepate, una attaccata all’altra. Sdraiati o seduti sopra o sul pavimento vediamo ragazzi, adulti, bambini. Hanno la schiena ricurva sul cellulare, messaggiano, telefonano, hanno sul viso la preoccupazione o le lacrime di chi vuole notizie rassicuranti dall’altro capo del telefono. Nessuno di loro indossa le mascherine anti-Covid.

LE BRANDINE OCCUPANO i corridoi, a ridosso del muro, e quelli che una volta erano i negozi. Non c’è distanza di sicurezza, non c’è privacy di alcun genere. «C’è un’emergenza sanitaria e la situazione è allarmante. I bagni sono solo cinque, quelli dell’ex centro commerciale, e quelli Sebach all’esterno dell’edificio, non ci sono docce all’interno. Le persone sono ammassate le une sulle altre, le persone sono tantissime», ci dice l’ingegnere Cicchetti. Al momento circa 2.500.

«FACCIAMO FATICA a gestire il sovrannumero perché ci mancano i mezzi per far raggiungere l’Italia. Abbiamo bambini molto piccoli, bambini che si sono feriti durante il viaggio, abbiamo donne incinta». Focolai Covid non ce ne sono, ma «la situazione è molto critica, ogni giorno di permanenza qui è una sofferenza che si aggiunge alle loro altre sofferenze», continua l’ingegnere.

Il centro insomma dovrebbe funzionare solo come centro di transito, per il tempo necessario a organizzare le partenze verso altre destinazioni.

GLI FA ECO LA COORDINATRICE degli aiuti umanitari del comune di Przemysl, Greta Ostrowska: «Nel centro Tesco non ci sono malati e feriti gravi, ma girano alcune infezioni tra i bambini, perché ci sono pochi bagni e molta gente».

Ribadisce che non sono attrezzati a gestire i flussi di questi giorni: «Questo edificio non è adatto per ospitare così tante persone. È nato per farli dormire e salvarli dal freddo, ma ovviamente le condizioni igienico-sanitarie sono difficili. Le docce sono otto, si trovano all’esterno, in un container. C’è gente qui che è stata nei tunnel anti raid per giorni senza lavarsi prima di arrivare da noi. Abbiamo adibito degli spazi per le donne con neonati, o per fare riposare le madri e fare vedere cartoni animati ai bambini. E poi ci sono gli spazi per quelli che non hanno nessun contatto, che non sanno dove andare e che quindi restano qui un po’ di più».

E conclude: «In queste condizioni è come se la pandemia da Covid non ci fosse più».