Anche grazie alla cosiddetta «quota 100», tra il 2018 e il 2025 andranno in pensione la metà dei 105.310 medici di un attempato sistema sanitario nazionale. A quella data, però, il deficit di specialisti potrebbe raggiungere quota 16.500 (il 15,7% del totale). È la denuncia che uno studio di Anaao-Assomed ha rivolto ieri al governo. I dati dell’organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa nel comparto dicono che la situazione della sanità pubblica nei prossimi anni potrebbe assumere i «contorni di una vera emergenza nazionale, cui vanno posti correttivi rapidi e adeguati per evitare il collasso del sistema stesso».

Le misure pensionistiche volute dal governo, se non bilanciate da nuovi investimenti e assunzioni, rischiano di aggravare una carenza di figure professionali che ha cause di lungo corso. L’imposizione del vincolo nazionale alla spesa per il personale sanitario e il blocco del turnover introdotti dalla legge finanziaria 2007. L’insufficienza di contratti di formazione post laurea, che non coprono la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati. La fuga dei medici verso il settore privato, fenomeno in parte «fisiologico» che gli scarsi investimenti nel pubblico hanno contribuito a rendere «preoccupante»: in alcune regioni rappresenta ormai il 10% delle dimissioni.

Secondo lo studio, gli ammanchi principali si registreranno in medicina d’urgenza (-4180), pediatria (-3323) e medicina interna (-1828). «È necessario, pertanto, sbloccare il turnover, incrementare il finanziamento per le assunzioni e aumentare i contratti di formazione post laurea», conclude il sindacato. Intanto, il 25 gennaio i medici sciopereranno per la seconda volta in due mesi per chiedere un rinnovo contrattuale atteso da 10 anni.